Il Trio di Parma, Alessandro Carbonare e il Romanticismo tedesco

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A un mese esatto dall’esecuzione dei quartetti per pianoforte di Robert Schumann, mercoledì 15 marzo 2017, sul palco del Teatrino di Corte, prendono vita i trii per pianoforte di Johannes Brahms.
Ospiti dell’Associazione Scarlatti Alessandro Carbonare ed Trio di Parma composto da Ivan Rabaglia (violino), Enrico Bronzi (violoncello), Alberto Miodini (pianoforte).

Sono stati eseguiti i trii op. 87 in do maggiore ed op. 101 in do minore, per violino, violoncello e pianoforte, ed il trio op. 114 che vede il clarinetto al posto del violino.
Composto tra il 1880 e il 1882, il trio op. 87 in do maggiore, contrariamente alle altre opere di Brahms, non riscosse i favori della critica a causa della tecnica costruttiva troppo complessa. Si tratta di una composizione classica per molti aspetti, il primo movimento in forma-sonata e l’Allegro finale in forma-rondò, ma dominata da un uso iperbolico di imitazioni e progressioni che trovano il loro apice nell’Andate, basato su un tema popolare ungherese presentato all’ottava da violino e violoncello e poi riproposto in quattro variazioni. Questa tecnica compositiva fu molto cara a Brahms che diede prova di non avere rivali tra i suoi contemporanei.
Grande successo ebbe invece il trio op. 101 in do minore, di soli quattro anni successivo (1886), nel quale Brahms sceglie di elaborare il materiale tematico in maniera essenziale, ma rifiuta anche alcune delle regole formali; nel primo movimento manca la ripresa del primo tema che però viene riproposto nello sviluppo dell’Allegro finale, anch’esso in forma-sonata. Seguendo la successione cara a Schumann, l’Andante Grazioso si colloca prima del movimento conclusivo e non come “da regola” dopo il primo.
A queste differenze formali, tra i due trii, corrisponde tuttavia una strumentazione analoga: gli archi vengono trattati come un unico strumento da contrapporre in dialogo con il pianoforte, che, se nell’op. 87 è leggermente adombrato da violino e violoncello, nell’op. 101 trova ampio spazio solistico.
In stile concertante è invece il trio op. 114 per clarinetto (1891), particolare per la differenza timbrica dei tre strumenti che però non si pone a discapito del dialogo tra gli strumenti.
Contemplativo ed elegiaco è molto distante dallo stile dei precedenti quartetti.
Quest’opera come le successive dedicate al clarinetto, il Quintetto op. 115 e le due Sonate con pianoforte op. 120, devono vita all’incontro di Johannes Brahms con Richard Mühlfeld, clarinettista della Cappella di corte di Meiningen.
A fine serata i quattro sono tornati insieme sul palco ed hanno eseguito l’Andante del Quartetto per pianoforte ed archi op. 60, di Johannes Brahms, sfruttando, per la prima volta a favore dello strumento a fiato, il gemellaggio timbrico ottocentesco tra viola e clarinetto.
L’esecuzione del Trio di Parma e di Alessandro Carbonare non può che essere definita sublime, poiché al di là di di ogni comparazione.
L’atmosfera creata, il suono, l’intreccio timbrico e melodico, il virtuosismo finalizzato al bello, sarebbero stati in grado di convincere Kant in persona che la musica non è un semplice “gioco di sensazioni” e che non ha nulla da invidiare alle altre arti.

Emma Amarilli Ascoli

Foto Emanuele Ferrigno ©

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