Pirandello all’ascolto di Sisifo

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Spiro Scimone mette in scena Sei per il Napoli Teatro Festival Italia, adattamento di Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello visto al Teatro San Ferdinando il 23 giugno 2018.
E lo fa con garbo e con brio coadiuvato da una regia curata da Francesco Sframeli sobria, elegante, con movimenti coordinati e mai superflui, che esprimono una grande capacità di dislocazione dei personaggi, che ben si sposa col testo. 
Un aiuto gli viene dalla scenografia di Lino Fiorito, che resta tutta sullo sfondo prediligendo una scarsa invasività del campo scenico, e che seppur nella sua essenzialità permette al testo e agli attori di guadagnare il primo piano, come giusto che sia per un testo simile. Il testo, infatti, ben rielaborato, predispone spontaneamente le due classi attoriali, personaggi e attori, in due settori distinti della scena: il dialogo trova quindi modo di svilupparsi anche topologicamente, laddove il centro della scena diviene il momento dell’incontro. Il regista è l’unico “libero”, per usare un gergo calcistico, ed è l’unico che ha licenza di oltrepassare quella linea ideale che separa attori e personaggi. Come noto, la pièce pirandelliana cavalca il tema della vita dei personaggi, che reclamano un loro statuto vitale, che disperano della loro gabbia narrativa in cui sono costretti a ripetere per sempre il loro dramma, che protestano rispetto alla fatale inadeguatezza degli attori di poterli raccontare “realisticamente”. Spiro Scimone coglie pienamente questo aspetto facendone il fulcro del suo spettacolo. I personaggi ridono e piangono del loro destino, determinato una volta e per tutte, e invocano una sua scrittura, come un paradossale sigillo che definisca per sempre il cammino della ruota a cui insensatamente sono legati. E anziché domandare una fuoriuscita dal loro circolo vizioso, assumono pienamente il loro destino, in una sorta di piena affermazione nietzschiana del ritorno dell’uguale. Nel bene e nel male.
La prova attoriale, tuttavia, compromette in parte l’ambizione registica: sebbene i momenti comici risultino in gran parte ben lavorati ed efficaci, non mancano incertezze ed eccessive caricature; la direzione degli attori soffre purtroppo di una discrepanza di livelli di bravura, che acuisce il senso di differenze del “buono” e del “cattivo”. Accanto infatti alle ottime prove di Francesco Sframeli (forse l’unica pecca è un eccessivo sotto voce), di Spiro Scimone, di Giulia Weber e di Miriam Russo, gli altri ovvero Gianluca Cesale, Bruno Ricci, Francesco Natoli, Mariasilvia Greco, Michelangelo Zanghì, Zoe Pernici lasciano a volte il passo, creando delle discontinuità un po’ sgradite, e facendo abbassare il tono della pièce che rischia di sfumare nell’amatoriale. In particolare, la scelta di fare del personaggio figlia-prostituta una sorta di Vamp, con movimenti ancheggiati e caricaturali, con ammiccamenti eccessivi e un po’ fuori testo, è più che discutibile. E in effetti, il risultato è modesto: un appunto da muovere sincronicamente alla regia e alla prova attoriale di Zoe Pernici, non esattamente in forma questa sera. È probabilmente uno spettacolo ancora da rodare, ma per adesso le dissimmetrie sono ancora troppo evidenti. Il pubblico, tuttavia, ha molto gradito.
Sei di Spiro Scimone, costumi di Sandra Cardini, disegno luci di Beatrice Ficalbi, musiche di Roberto Pelosi, regista assistente Roberto Bonaventura, direttore di scena Santo Pinizzotto, assistente ai costumi Carolina Tonini, produzione Compagnia Scimone Sframeli, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Biondo Stabile di Palermo, Théâtre Garonne-scène européenne Toulouse in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia.

Andrea Bocchetti

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