Una poesia di Eugenio Montale

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LOCUTA LUTETIA

Se il mondo va alla malora
non è solo colpa degli uomini
Così diceva una svampita
pipando una granita col chalumeau
al Café de Paris

Non so chi fosse A volte il Genio è quasi
una cosa da nulla, un colpo di tosse

(da Quaderno di quattro anni, Mondadori, 1977)

Metro: Una strofa di cinque versi più un distico di chiusura, tutti di lunghezza diversa. Qualche rima interna (svampita/granita; fosse/tosse) e qualche allitterazione tipiche del Montale maturo. Si noti la mancanza di punteggiatura. L’uso di termini ed espressioni colloquiali (“andare alla malora”, “svampita” “pipare”) aggiunge un tono canzonatorio alla (supposta) serietà del tema.

Commento
: sotto l’apparenza di un andamento discorsivo, da distratta conversazione da bar, la lirica rivela la piena maturità tecnica e poetica di Montale. Mai come in questa breve poesia le scelte stilistiche definiscono e connotano il contenuto e viceversa; mai come qui il verso libero appare obbligato, nella sua apparente “casualità”, ogni parola non potendo che essere quella e in quel punto, ogni a capo non essendo che l’unico a capo possibile.

È una poesia esemplare dell’ultimo Montale, in cui un concetto banale, un avvenimento marginale producono un Witz, un guizzo ironico e pensoso, un motto di spirito in bilico tra divertimento e dramma. È una considerazione appena accennata, quella che apre il componimento, come lo è il commento in chiusura, i cui sviluppi potenzialmente escatologici vengono lasciati al lettore.
Montale riserva per sé solo un beffardo sorriso, convinto com’è dell’insussistenza del Tutto.

Lutetia Parisiorum era l’antico nome di Parigi. Il titolo (dopotutto la scena si svolge al Café de Paris!) è un calco dell’espressione Roma locuta, causa finita, usata da Sant’Agostino e diventata proverbiale per dire (anche metaforicamente) che una sentenza o un giudizio sono ormai inappellabili: ciò che è detto è detto!
La distanza tra un titolo così ricercato e solenne e la banalità della situazione e del lessico usato crea un’impressione di stranante illusione, che per Montale rappresenta la sostanza stessa della realtà fenomenica.

Eugenio Montale (Genova 1896 – Milano 1981), è tra i massimi poeti italiani non solo del Novecento ma degli ultimi secoli. Premio Nobel per la letteratura nel 1975.  Le tappe fondamentali della sua poesia sono segnate dalle raccolte poetiche “Ossi di Seppia”, dato alle stampe nel 1925, “Le Occasioni” pubblicate nel 1939, “La bufera e altro” del 1956, “Satura” del 1971, “Quaderno di quattro anni”, del 1977. Fu anche finissimo traduttore e critico.

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