Polunin: l’ingannevole sorriso del danzatore maledetto

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Il governo del suo paese natale, l’Ucraina,  l’ha inserito in una lista nera di soggetti indesiderati e pericolosamente filorussi; un elenco che annovera persino Al Bano; parliamo del danzatore Segej Polunin, mattatore sul palco del Belvedere di Villa Rufolo il 12 luglio.
La mente dell’uomo, in parte plasmando il mito, ha immaginato il nulla come elemento fondamentale della creazione sia del mondo che della nascita delle idee.
La capacità di creare, in tal senso, si manifesta grazie all’istinto e si alimenta con la curiosità, alla ricerca di nuove soluzioni rispetto al già conosciuto e indagato. Spesso si rimuove e si rinnega l’esistente per trovare nuove strade espressive considerandosi il “nuovo che avanza” mentre si rielabora il passato attraverso nuove soluzioni di significato.

Lo spettacolo andato in scena  a Ravello è un evento speciale inserito nella manifestazione Universiadi Napoli 2019, presentato dalla Polunin ink, ha avuto come tematica la relazione tra il divino e l’umano nella condotta etica e creativa dell’uomo.
Lo spettacolo si è avvalso della collaborazione di Campania dei Festival, Aterballetto e Eccellenze Campane.
Le due composizioni coreografiche presentate, entrambe del 2018, mostrano il segno compositivo contemporaneo nell’ottica della ricerca legata alle sue origini primonovecentesche: mescolanza di stili che genera un linguaggio nuovo per esaltare il significato della coreografia e la prestanza tecnico espressiva dei danzatori.
La prima Fraudolent Smile (sorriso fraudolento, ingannevole) di Ross Freddie Ray, su musiche di Kroke, ha mostrato l’angoscia esistenziale dell’uomo, soggetto al bene e al male, ad essere individuo-massa gestito da forze soprannaturali nella condotta etica. Messa a nudo è la fragilità umana: l’uomo condizionato dal leader nelle proprie scelte e sostenuto dal gruppo/branco nelle proprie azioni.
In una tale visione le donne sono state relegate a ruolo di bambole-automi del piacere ad uso di uomini violenti, e grazie alla violenza acquisiscono un’anima propria.  L’anima stessa è preda del dualismo antichissimo bene-male. Ognuno è bene e male contemporaneamente e il limite tra i due opposti è sottile, e varcarlo è solo questione di un attimo.
Tutt’altro che un messaggio di condanna, si direbbe, viste le più volte dichiarate posizioni maschiliste del danzatore maledetto, ucraino atipico che sfoggia sul torace un tatuaggio raffigurante il suo idolo Putin.

I danzatori con i volti coperti dalla maschera tragica bianca sono costretti a vivere nascoste emozioni che si concludono espressamente in una ridda finale dove il male è l’essenza dell’esistere.
La coreografia ha visto in scena 8 danzatori (di varia provenienza artistica) e Sergei Polunin, che intensamente in un susseguirsi di gruppo, duo, soli hanno interpretato la coreografia.
La seconda coreografia ha racchiuso in un cerchio sacro il mito della danza del Novecento: Le Sacre du Printemps. Sacré di Yuka Oishi è un solo sulla musica di Stravinsky interpretato intensamente e magistralmente da Sergei Polunin, accanto al virtuosismo intensa interpretazione che conduce lo spettatore nel respiro della composizione.
Il balletto vuol ripercorre la lunga e difficile gestazione creativa del balletto e il suo alone di gloria lasciato a imperitura memoria. Una creazione andata in scena una sola serata tra le grida dei facinorosi, un Nijinsky che contava le battute per far continuare il balletto. Un balletto talmente innovativo di cui conserviamo solo i bozzetti e che tramite la memoria della sua principale interprete anni fa è stato ricostruito (forse fedelmente).
Su La nouvelle revue Jacques Revière lascia intendere con la sua recensione l’innovazione del movimento danzato al punto di poter affermare che sia la danza nata prima dell’uomo.
Yuka Oishi usando la musica con intermittenze tra pianoforte e orchestrazione riesce a condurci nell’ipotetica mente creativa di Nijinsky. Un uomo che grazie alla sua coreografia fatta di movimenti veloci, sgraziati, spezzati, accartocciati, restituisce il mito della rinascita all’umanità.
Il cerchio vitale e creativo in cui Polunin/Nijinsky si collocano o forse si rifugiano, non può che terminare nel sacrificio dell’eletta, costretta dalle brame della comunità ad immolarsi perché vi sia il perdurare dell’evento.
Il difficile mondo dei Ballets Russes è racchiuso nel cerchio creativo di Yuka Oishi, rappresenta la compagine innovativa della danza, dove il motore della creazione era Diaghilev con le sue intuizioni e le sue bizzarrie, creatore e distruttore di vite, di miti, di opere indiscusse, che interloquisce con Nijinsky e Stravinsky contemporaneamente per realizzare le sue idee.

Tonia Barone

Foto Alexei Kerkis

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