Ascanio Celestini: I cinque pezzi unici del Museo Pasolini

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Ad accogliere il pubblico è la guida museale Ascanio Celestini, che conduce i visitatori nell’immateriale Museo Pasolini “fatto” di parole, tantissime parole, effimere e immortali come il poeta e la sua opera; poiché è possibile offuscare la memoria di un personaggio evidenziando i pregiudizi sulla sua condotta etica ma la poesia è eterna come la figura del poeta ad onta di ogni tentativo di  diffamazione.
Basti pensare che ancora oggi Pasolini con difficoltà viene introdotto nel canone letterario e Luperini definendolo ne chiarisce il perché: «L’anticlassico Pasolini parla al presente; parte dai bisogni immediati; attesta un disagio intollerabile subito e cerca un’alternativa subito, una purezza subito».

Giungono alla memoria le affermazioni di altri poeti che hanno sostenuto il valore della “parola” come Montale «(…) da una parte la vita, soggetta alla vicenda temporale, nascita e morte continua, che dura all’infinito, dall’altra la cristallizzazione della parola che per far sopravvivere la vita, deve tagliarla in tanti segmenti.(…)»
Nell’anno delle celebrazioni per il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922), Ascanio Celestini ha progettato e realizzato lo spettacolo Museo Pasolini, che ha avuto un prologo il 10 giugno 2021 alla radio New Radio in collaborazione con il MAMbo-Museo d’Arte Contemporanea di Bologna. Uno spettacolo radiofonico che ha fatto interagire le sale espositive con gli studiosi o semplici conoscitori di Pasolini per rispondere alla domande salienti: «Qual è il pezzo forte del Museo Pasolini? Quale oggetto dobbiamo cercare, impegnarci ad acquisire da una collezione privata o pubblica, recuperare da qualche magazzino, discarica, biblioteca o ufficio degli oggetti smarriti? Cosa siamo tenuti a fare per conservarlo? Cosa possiamo comunicare attraverso di lui? E infine: in che modo dobbiamo esporlo?», alla base sia di uno spettacolo teatrale che di un documentario.
Lo spettacolo di e con Ascanio Celestini è andato in scena al Teatro Diana-Sala Pasolini di Salerno il 22 febbraio 2022 alle ore 21, con  voci Grazia Napoletano e Luigi Celidonio, musiche Gianluca Casadei, suono Andrea Pesce. Produzione Fabbrica Srl con il contributo della Regione Lazio e Fondo Unico 2021 sullo Spettacolo dal Vivo.
Ascanio Celestini fa proprie le indicazioni dell’ICM per la costituzione e realizzazione di un museo: ricerca, acquisizione, conservazione, comunicazione, esposizione. I reperti archeologici, le fonti conoscitive, sono testi scritti e visivi del poeta Pasolini, in breve le parole, li smembra e li rielabora assemblandoli in un lunghissimo ritratto di vocaboli, dove fa emergere i cinque oggetti immateriali di un ipotetico museo/testamento. La cifra stilistica principale della scrittura è l’essere visionario, l’uso di un linguaggio metaforico e surreale, l’uso dell’onirico per incontrare personaggi che hanno condizionato culturalmente, economicamente e socialmente il suo tempo.
In un museo vi è il pezzo forte che lo rende unico e riconoscibile al pubblico e, al tempo stesso, è la relazione per comprendere l’epoca in cui è stato realizzato.

Così il Museo Pasolini fatto di parole è la lunga narrazione della vita del poeta e del ‘900, identificabile nell’idea dello storico Hobsbawn del suo Secolo breve, dove afferma «Le speranze e i timori non sono però previsioni. Sappiamo che dietro la nube opaca della nostra ignoranza e l’incertezza sugli esiti dettagliati degli eventi, le forze storiche che hanno plasmato il secolo continuano ad agire
Se un museo è memoria viva di una società è bene citare lo stesso Pasolini «Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni. Ma l’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. In cui tutto scorre per non passare davvero.
Se l’Italia avesse cura della sua storia, della sua memoria, si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla, sono il portato di veleni antichi, di metastasi invincibili, imparerebbe che questo Paese speciale nel vivere alla grande, ma con le pezze al culo, che i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale».
Tornando al museo costruito da Ascanio Celestini, il primo pezzo è la poesia perduta che Pasolini ha scritto a sette anni utilizzando parole ordinarie uniche nella sua mente che vedranno un saldo legame nella scelta della sua tesi di laurea sul poeta Pascoli, e quinto pezzo forte il suo corpo straziato, martoriato, esibito agli occhi dei curiosi dalle foto e dai filmati mostrati al pubblico all’epoca dell’omicidio per infangare e smaterializzarne la memoria.
Nel mezzo gli elementi distintivi della sua vita: Casarsa – la memoria e il culto dei morti, della famiglia, del territorio, della patria; la tessera del partito – le sue convinzioni politico-culturali, nonostante i contrasti con il  PCI, non lo portarono mai a ripudiare il suo essere comunista; la valigetta di similpelle – la voglia di raccontare indagando la contemporaneità lo stato è l’antistato, lo stragismo, i golpe, le stragi organizzate dalla destra per soffocare l’anima di sinistra.
Tutta la narrazione museale ancorata ad una cronologia certa, ad un elenco di date, significative per Pasolini come il 1922 la sua nascita e al tempo stesso per la grande storia il 1922 è la marcia su Roma.
Il Museo vivo Pasolini è un flusso continuo che può trasformarsi e adattarsi al suo infinito divenire.

Tonia Barone

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