Il clarinetto di Andreas Ottensamer è velluto per le orecchie

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Il suono del clarinetto ha il potere di portarti in un mondo ricco di sfumature. È uno strumento poliedrico che riesce a padroneggiare molti linguaggi, dal classico al jazz passando per la musica brasiliana. Ma lo fa entrando nel discorso musicale in punta di piedi. Non ha di suo la possenza penetrante di una tromba o la suadente fermezza di un sassofono. Nel discorso musicale gioca la partita con altre armi, surclassando ogni altro strumento per dinamica ed estensione.
Le quasi quattro ottave e la possibilità di forgiare il suono dal silenzio ne fanno una macchina da musica di rara raffinatezza.  In un tempo dove l’eleganza e la mestizia sono concetti superati, anche il clarinetto sembra aver perso di attrattività a favore di timbri più sguaiati.
Poi, il 13 Febbraio 2023 all’auditorium Manzoni di Bologna, arriva Andreas Ottensamer ed il suono del suo strumento sembra integrarsi a meraviglia con i tempi moderni. Il suo stile non è pomposo e autocelebrativo, o troppo pieno di ipertrofici virtuosismi come troppo spesso capita di ascoltare. Il musicista, invece, ha un timbro morbido con attacchi che sgorgano muti dal tessuto musicale per poi rinvigorirsi. È vento d’estate alla controra.  Ad accompagnarlo sul palco il Pianista José Gallardo per un programma che definiremmo “simmetrico”.
La prima parte è di impronta romantica, con un arrangiamento originale per strumento e pianoforte delle «Cinque Romanze Senza Parole» di Mendelssohn, e la meravigliosa «Sonata in fa minore op.120 n.1 di Johannes Brahms che chiude il tempo. Al centro intrude un anacronistico episodio pianistico dove Gallardo interpreta «Due Moments Musicaux op.16» di Rachmaninov.
Il Mendelssohn di Ottensamer è fresco. La trascrizione originale per clarinetto estrapola la linea melodica dalla partitura per piano solo, rivitalizzandola con una suadente plasticità. Il pianoforte, però, non viene ridotto a gregario, anzi. La linea melodica fluisce tra i due strumenti creando degli intrecci sonori veramente ammalianti.
Dove altri fanno del virtuosismo (a volte anche immotivato) un punto di vanto, il primo clarinetto dei Berliner mette la sua abilità al servizio della musica con un’espressività rara che diventa vera e propria cifra stilistica. Anche quando il tecnicismo dovrebbe esplodere, come nella sonata in fa minore di Brahms, i due musicisti sembrano tenerlo a freno, anche troppo.
Qui l’interpretazione non è stata sempre tecnicamente impeccabile, ma ogni sbavatura è ampiamente perdonata dalla purezza emotiva. Non è poco.
La seconda parte del recital è iniziata con la «Pocket Size Sonata n.2» di Alec Templeton. Il brano che strizza l’occhio al cool Jazz.
Qui i due musicisti si scambiano spesso le parti. 10 minuti ottimamente suonati, forse il miglior momento di tutta l’esibizione. Segue la sonatina di Horovitz, un brano incredibile in cui il clarinetto volteggia in linee melodiche ampie che scivolano in legati plastici. Meraviglioso. Il programma si conclude con una trascrizione dei popolari «Tre Preludi» di George Gershwin.
Tutto il concerto è stato molto bello ma, volendo scegliere, la seconda parte ha avuto ben altro impatto.
Non ci siamo dimenticati di José Gallardo, che è un pianista solido e di originale approccio interpretativo. In questo programma asimmetrico (romantica la prima parte, novecentesca la seconda), lui incastona due momenti solistici in controtendenza.
Tra Mendelsshon e Brahms incastra Rachmaninov, mentre a Templeton Contrappone Chopin. Di certo ai più sfegatati fanatici chopiniani si saranno rizzati i capelli in testa a sentire l’interpretazione -non proprio ortodossa – della «Prima Ballata». I più aperti, invece, avranno apprezzato l’attualizzazione esecutiva del brano. Non si tratta ovviamente di uno stravolgimento della partitura, quanto di un cambio di punto di osservazione sullo stesso paesaggio.
Dove si colloca il nostro giudizio? In questo caso dalla parte di chi osa con sensibilità e cognizione di causa. Bravo.
Un ottimo concerto organizzato dall’Associazione Musica Insieme. Ottensamer, per la prima volta a Bologna, è stata una bella scoperta. Dalla sua ancia esce morbido velluto che asseconda le forme della musica come un vestito sul corpo di una donna non più giovanissima ma non per questo meno desiderabile.

Ciro Scannapieco

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