Troppo grande operista prolifico in pochi decenni e troppo pronto a porsi al servizio dei sovrani di turno perché le cantate celebrative di Rossini entrassero nei repertori teatrali durante un’ epoca di rivolgimenti politici come fu il secondo Ottocento, per non dire dell’entrante Novecento.
A distanza di due secoli, tuttavia, non trova motivo ostativo la riproposizione di pagine “di occasione” che mettono in evidenza la grande sapienza di Rossini nel realizzare con grande rapidità, e qualche autoimprestito, lavori di pregevole fattura.
Ecco che il Teatro di San Carlo, giovedì 18 settembre alle 20 presenta tre cantate napoletane del genio pesarese: «Pel faustissimo giorno natalizio di Sua Maestà» ovvero “Giunone”, «Omaggio umiliato a Sua Maestà» e «Cantata per Francesco I Imperatore d’Austria».
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo sono condotti da Fabrizio Cassi con i solisti Anastasiia Sagaidak (soprano), Sayumi Kaneko (mezzosoprano), Aldo Sartori e Chuan Wang (tenori).
«Pel faustissimo giorno natalizio di Sua Maestà» ovvero “Giunone”, è su testo di Angelo Maria Ricci ed ebbe la prima esecuzione il 12 gennaio 1816 con la grande Isabella Colbran nel ruolo di Giunone.
Si tratta del lavoro di presentazione, del biglietto da visita esibito da Rossini a Napoli.
«Omaggio umiliato a Sua Maestà dagli artisti del R. T. S. Carlo in occasione di essere per la prima volta la M. S. intervenuta in detto R. T., dopo la sua felicissima guarigione», su testo di Antonio Nicolini ebbe la prima esecuzione il 20 febbraio 1819.
«Cantata da eseguirsi la sera del dì 9 maggio 1819 in occasione che Sua Maestà Cesarea Reale ed Apostolica Francesco I Imperatore d’Austria […] onora per la prima volta di Sua Augusta presenza il Real Teatro S.Carlo» è su testo di Giulio Genoino e, in una partitura che riutilizza anche parti dell’ «Omaggio umiliato», impiega un soprano, due tenori, Coro e Orchestra. Insieme con la diva Colbran, cantarono i tenori Giovan Battista Rubini e Giovanni David: l’Olimpo del canto del tempo.
Rossini era giunto al San Carlo con Murat, cui aveva apoena dedicato in inno, già deposto; tutto gli sembrava così meraviglioso e luminoso, tra sfarzi, cibi, donne affascinanti e per suo diletto, meno bigotte e represse che a Bologna; per Gioachino la politica, aveva imparato in fretta, entrava in gioco solo quando la censura ostacolava il suo lavoro. Aveva 23 anni….