Una Petite Messe Solennelle godibile e su cui riflettere

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Chi sa cosa avrebbe pensato Rossini, nel vedere i suoi “cherubini“ distribuire in città volantini che pubblicizzavano l’esecuzione della sua Petite Messe Solennelle sostituendosi, di fatto, ad un ufficio stampa del Teatro Bellini di Catania dalle risorse ridotte all’inconsistenza (neanche un manifesto all’ingresso del teatro, per dirne una , annunciava il concerto straordinario celebrativo dei 150 anni dalla scomparsa del Pesarese )  e ai giornali alquanto pigri in tema di cultura.
Certamente avrebbe riso; con l’ironia tipica del suo carattere avrebbe lanciato qualche frecciatina, ma avrebbe poi ringraziato quegli Artisti che, quotidianamente, si spendono per mantenere in vita una istituzione musicale attaccata da ormai troppo tempo ad una macchina rianimatrice, regolata dalla Regione Siciliana, madre e matrigna dell’ente.
Perché è solo grazie al passa parola,  o alla pubblicità porta a porta che il 19 maggio 2018  , si è riusciti ad avere un pubblico in sala, ad assistere alla esecuzione della monumentale partitura rossiniana salutata, alla fine, da oltre dodici muniti di applausi, a sottolineare la validità ed il livello della prestazione.
Dopo questo necessario preambolo, va fatto un encomio, ovviamente, al vero protagonista della Messa, e cioè il Coro del Teatro Bellini, magistralmente diretto da Gea Garatti Ansini, che con gesto chiaro e preciso  ha guidato tutta la compagine con sicurezza, nelle fughe, nei frequenti momenti “a cappella “, fino allo struggente “Agnus Dei “ finale.
Ottima la scelta dei tempi e delle sonorità, mai scontate, che hanno messo in risalto tutte le sezioni, a dimostrazione di uno studio attento e approfondito di una partitura di rara bellezza. Per quanto riguarda i solisti, ha spiccato su tutte, la voce del giovane basso Francesco Leone (al quale auguriamo lunga e splendida carriera ); brunito e scuro il timbro, preciso negli attacchi e nelle agilità, perfetto nell’intonazione. Lo stesso non possiamo dire, purtroppo, del tenore Saverio Pugliese, totalmente fuori parte, stilisticamente e vocalmente non a proprio agio nell’aria a lui affidata, ma anche negli assieme. Apprezzabili, senza però entusiasmare, le prove del soprano Alexandra Oikonomou e del mezzosoprano Sonia Fortunato (davvero una occasione mancata il suo Agnus Dei).
A fare da basamento a tutto, il pianoforte del Maestro Francesco Nicolosi che , per la prima volta dalla nomina a direttore artistico, suonava nel “suo” teatro (in apertura di serata presentando un capriccio giovanile per tastiera dell’amato Vincenzo Bellini ).

Ottima la sua prova; perfettamente coadiuvato al secondo pianoforte dal Maestro  Gaetano Costa e all’ harmonium da Paola Selvaggio, sempre attento alle richieste del Maestro Garatti  Ansini, ha evidenziato le finezze esecutive di una partitura complessa e nata per essere definitiva  (eseguita la prima volta nel 1863 su commissione della contessa Louise Pillet -Will ) ma che poi lo stesso Rossini orchestrò, per evitare che altri lo facessero al suo posto. Per usare le parole di Massimo Mila, nella Messa ascoltata ieri sera, “il carattere sacro è piuttosto un raffinatissimo fatto di stile che reale  partecipazione interiore “(Breve storia della musica) , ed infatti il pesarese si compiace della  bellezza melodica e forse solo nel climax dell’Agnus Dei pare veramente pregare e indirizzare a Dio quella supplica che,  in maniera “canzonatoria” fa precedere alla partitura autografa, chiedendo benevolenza per una “benedetta musica” che è,  in realtà, un sorprendente esempio di perizia, gusto e grandezza compositiva. ( Antonio Mangiagli )

Foto di Giacomo Orlando ©

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