Broadway terra di conquista del musical – Estinzione del Blackface

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Durante gli anni trenta, numerosi attori molto noti di teatro e cinema recitarono in Blackface, tra cui Bing Crosby e Judy Garland.
Nei primi anni del cinema, i personaggi neri erano interpretati, d’abitudine, da bianchi in Blackface. Nella prima versione cinematografica conosciuta de “La Capanna dello zio Tom” (1930) tutti i ruoli principali di neri furono interpretati da bianchi in Blackface, “La nascita di una nazione” (1915) di David Wark Griffth utilizzava attori bianchi in Blackface per interpretare tutti i principali personaggi neri, ma le reazioni contro il razzismo del film misero fine a questa pratica con i ruoli drammatici.
Successivamente attori bianchi in Balckface sarebbero apparsi esclusivamente in commedie o in scene di ventriloquio, in scene di vaudeville o di spettacoli minstrel inserite all’interno di un film. Fatto che contrasta con l’abitudine, che sarebbe durata ancora per decenni, di fare interpretare a bianchi truccati i ruoli di Indiani s’America, Asiatici, Arabi, e così via.
Il trucco Blackface venne ampiamente eliminato anche dalle commedie girate negli Stati Uniti verso la fine degli anni trenta, quando la sensibilità pubblica riguardo alla razza iniziò a cambiare e il Blackface divenne via via sempre più associato al razzismo e al fanatismo.
Tuttavia la tradizione non si estinse immediatamente. La trasmissione radiofonica Amos ’n’Andy (1928-1960) costituì un genere di “Blackface audio” in cui i personaggi neri venivano interpretati da bianchi, i modo conforme agli stereotipi da palcoscenico del Blackface.
La convenzione del Blackface sopravvisse nei cartoni animati senza modifiche almeno fino agli anni cinquanta. Un terzo dei cartoni animati MGM dea fine degli anni quaranta comprendeva un Blackface, spesso il personaggio di una “mammy” (come nel film Via col Vento). Infatti, il tipico “Minstrel” era strutturato in tre atti. Inizialmente la troupe danzava sul palcoscenico, cantando e scambiando battute ironiche. La seconda parte consisteva di una vastità di sketch, fra cui lo “stump speech” un monologo pieno di nonsenso e giochi di parole che talvolta ironizzava sulla politica, la scienza o la società. L’atto finale consisteva solitamente in un musical ambientato in una piantagione o nella parodia di una commedia popolare. Fra i personaggi tipici del Minstrel c’erano inizialmente lo schiavo e il dandy. In seguito comparvero altre presenze fisse come la matrona nera “mammy”, il vecchio zio, la provocante ragazza mulatta e il soldato nero. Gli attori e i produttori di Minstrel dichiaravano spesso che le loro canzoni e le loro danze erano autenticamente “negre”, anche se l’influenza della cultura afroamericana su quelle musiche è ampiamente dibattuta.
I canti spirituals entrarono nel repertorio del genere a partire dal 1870, diventando la prima vera musica tradizionale nera ad essere usata in un Minstrel. Dagli anni 1840, operò Phineas Taylor Barnum con un complesso circense di Manhattan.
Nel 1829, a Broadway e Prince Street, venne aperto il Niblo’s Garden che divenne subito uno dei centri notturni di attrazione della città.
Il teatro da 3.000 posti mise in cartellone ogni genere di spettacolo teatrale sia musicale che non. Nel 1847 aprì l’ Astor Place Theatre, Nel 1849 vi fu una rivolta della classe lavoratrice del Bovery, che si ribellò a quello che percepiva come snobismo della borghesia di Astor.
Dopo la rivolta di Astor Place del 1849, gli spettacoli a NewYork City vennero suddivisi per classi sociali: l’opera era destinata alla borghesia ed alle classi più abbienti, minstrel shows e melodramma per la classe media e il varietà in concert- saloons per uomini della classe operaia e classe media delle periferie. 

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