IL MUSICAL DIVENTA CINEMA D’AUTORE

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Il musical al cinema è un fenomeno molto ampio e complesso rispetto al musical teatrale, diventa assieme a western e a gangster il genere classico dell’epopea hollywoodiana tra la fine degli anni ’20 e la metà degli anni ’50.
Da un lato va inserito nella categoria del film musicale, dove la musica appunto risulta l’elemento che prevale o caratterizza l’opera stessa, dall’altro il musical si manifesta in un’originalità espressiva che parte dal presupposto dell’avanguardia, secondo cui il cinema è la musica degli occhi, per arrivare a tradurre i suoni in immagini plastiche, astratte, grafiche.
Il musical cinematografico si contraddistingue per la costante ricerca di un’identità linguistica che approda alla pura essenza cinematografica grazie al perfetto connubio tra regista, coreografo e i divi protagonisti.
L’equilibrio dello spettacolo filmico dipende da un sapiente dosaggio artistico-professionale tra le abilità degli attori-cantanti-ballerini (oggi chiamati performer), il tocco della regia, il contributo dell’apparato scenografico e la circolarità dei queste stesse mansioni.
I primi musical dell’inizio degli anni ’30 prodotti dalla Warner sono merito del coreografo Busby Berkeley, quelli invece della seconda metà del decennio della RKO impongono divisticamente le coppie di ballerini-attori (Ginger Rogers e Fred Astaire su tutti), mentre nel dopoguerra sono numerosi gli spettacoli ad esempio per la MGM che offrono il tocco d’autore grazie a celebri maestri o a personaggi che assumono contemporaneamente la funzione di regista, interprete, coreografo, Gene Kelly in questo fu il vero maestro e precursore.
Il musical, come quasi tutto il cinema hollywoodiano, non nasce dal talento del singolo, ma dal lavoro d’equipe, dall’accordo di esperienze diverse, poiché a decidere l apolitica finanziaria di ogni film non sono i registri, coreografi o attori  ma i delegati di produzione, veri e propri manager del cinematografo.
Nel mondo dello spettacolo e della comunicazione, il cinema, con il sonoro, diventa infatti un business assai più importante del teatro e i film nascono dalla volontà, dall’intuito e dal potere economico della case di produzione, presto ridotte a poche major come la Warner, la MGM, la RKO.
Il musical della Warner (1930-1936) grazie alle immagini coreografiche di Berkeley rivela l’amore e il fascino della scenotecnica, la trama spesso esile o insignificante è il pretesto per arrivare a celebri numeri musicali con torte gigantesche composte da belle ragazze, giochi sull’acqua, riflessi di specchi…
Con i film della RKO (1936-1940) affidati al divismo della coppia Rogers-Astaire il genere si fa più sofisticato, rivolgendosi più al canto e al ballo dei singoli talenti che alle scene di massa, grazie ai dinamici passi di tip-tap che mettono in luce l’eleganza, il virtuosismo e la leggiadria del duo stesso.
Comincia un processo di integrazione nel racconto degli elementi coreografici e musicali, che sarà compiuto dalla MGM da lungometraggi con o senza Gene Kelly. 

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