Caravaggio come Pasolini ante litteram nella lectio magistralis di Sgarbi

0

Teatro Augusteo di Napoli  gremito, ieri 4 aprile per l’attesissimo spettacolo di Vittorio Sgarbi: Una brillante e personale lectio magistralis sulla figura umana ed artistica di uno dei più Grandi geni della pittura della civiltà Cristiana: Michelangelo Merisi, il Caravaggio (Milano 1571- Porto Ercole 1610).
Tre schermi posti al centro del palco e la proiezione delle immagini di repertorio del funerale di Pier Paolo Pasolini commentato dal suo amico Alberto Moravia.
Sgarbi incede teatralmente con un bastone appartenuto al Premio Nobel italiano per la letteratura, quasi ad immaginarlo spiritualmente accanto a lui e a noi…spiega perché ha voluto accostare Pier Paolo Pasolini al protagonista della serata.
«Il romanziere delle borgate, il romanziere dei ragazzi di vita, della vita violenta. Un romanziere che aveva scritto due romanzi anch’essi esemplari, i quali accanto a un’osservazione molto realistica, c’erano delle soluzioni linguistiche, delle soluzioni, diciamo così, tra il dialetto e la lingua italiana che erano anch’esse stranamente nuove» (Alberto Moravia)
Entrambi accomunati dalla genialità è fuor di dubbio, ma le loro vite sembrano essere state accomunate da Luci ed Ombre, dal bene e dal male, dall’osservazione e descrizione della realtà a discapito della convenzione cattolica.
Il Caravaggio dopo la morte nel 1610 cade nell’oblio per circa trecento anni.
Roberto Longhi, uno dei massimi storici dell’arte, nel 1951 gli dedica una mostra a Palazzo Reale di Milano.
L’artista, disprezzato nel suo tempo (Poussin arriverà a dire: «questo è venuto ad ammazzare la pittura»), a lungo dimenticato, viene esaltato da Longhi: «il primo pittore dell’epoca moderna. Ecco un pittore umano piuttosto che umanista; in una parola popolare».
Nel dipinto del periodo romano: “Ragazzo morso da un ramarro” del 1595, di cui esistono due copie, la prima appartiene alla Fondazione Longhi di Firenze, il giovane ventenne Michelangelo Merisi ritrae un giovanotto di borgata, dall’aspetto ed atteggiamento assai lascivo e seducente, reso ancora più evidente dalla spalla scoperta.
Ma quello che colpisce il critico è la genialità del pittore che sembra essere stato il primo nella storia dell’arte ad inventare la fotografia, tale è la capacità di cogliere e rappresentare l’istante ed il realismo psicologico dove si può distinguere non solo la smorfia provocata dal morso del ramarro, ma addirittura il movimento del corpo e dell’espressione dei muscoli provocati dallo spavento.
In “Amor Vincit Omnia” del 1602-1603 conservato al Museo di Berlino Il sorriso di Cupido è a metà tra l’innocenza di un bambino e la furbizia di un ragazzo.
L’idea che Caravaggio contribuisce a creare con “Amor Vincit Omnia” è molto interessante: si tratta di un bel ragazzino, il quale però non è ritratto perfettamente, (come si può notare dai denti storti), scardinando quindi il tradizionale canone della perfetta bellezza degli dèi per lasciare spazio ad una bellezza realistica e soprattutto umana. Se osserviamo una fotografia di Pino Pelosi ( il ragazzo che ha ucciso Pier Paolo Pasolini), la somiglianza con il Cupido è davvero straordinaria.
Nel dipinto “ Fanciullo con canestro di frutta” del 1593/’94 conservato nella Galleria Borghese di Roma , il giovane ritratto sembra pronto a concedersi e Sgarbi lo accosta visivamente all’immagine dell’attore preferito di Pasolini: Ninetto d’Avoli.
Nei “Musici” del 1595, conservato al Metropolitan Museum di New York , c’è l’autoritratto dell’autore ed i musici non sono altro che i “ragazzi di vita” , i borgatari di Pasolini.
Nel “Riposo durante la Fuga in Egitto” 1595/596 esposto nella Galleria Doria Pamphil di Roma il cui capostipite è stato Giotto nel ‘300 con la “ Fuga in Egitto”, Caravaggio rivoluziona l’iconografia classica della Madonna al centro del dipinto con in braccio il Bambino e Giuseppe che conduce l’asino avanti, seguito da uno stuolo parlottante di persone.
Il fulcro ed il vero protagonista del dipinto è “il ragazzo di vita”, l’Angelo con due ali posticce con una postura da modella . Non è più la Madonna al centro, la donna, ma San Giuseppe ( Caravaggio prende ispirazione dal San Giuseppe della “Natività “ di Lorenzo Lotto).
San Giuseppe, più che da Maria, sembra essere rapito, con estasi amorosa dalla bellezza dell’Angelo e si presta a fare persino da leggio. La passione amorosa , la timidezza, la regressione adolescenziale è manifestata nel motivo filologico del piedino sotto al piedino, in un brivido erotico.
Caravaggio è un rivoluzionario, ateo, anticonformista. E’ il pittore della Vita, dell’ immanente.
La vera divinità di Cristo è la sua umanità, non esiste la Resurrezione, perché Cristo è terreno, non è morto e per questo non è risorto, è Immanente.
Nel dipinto della “Madonna del Loreto” ( 1604/1604 Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio a Roma) , Caravaggio infrange tutte le regole del Cattolicesimo per il modo in cui aveva stravolto il racconto biblico. Secondo un’antica leggenda, infatti, la casa di Maria fu portata a Loreto in volo dagli angeli, ma nel quadro l’unico accenno al volo è la postura di Maria, raffigurata in punta di piedi; la casa è, invece, cadente, con l’intonaco scrostato lasciante i mattoni a vista. Modella per la Madonna fu una nota prostituta nonché amante del pittore, Lena, che poserà anche per la Madonna dei Palafrenieri.
Con la “Morte della Vergine” del 1605/1606 esposto al Museo del Louvre di Parigi. Caravaggio ha 34 anni. subisce una debacle artistica. Il noto scandalo della modella che rappresenta la Madonna , presa a prestito dal pittore da una meretrice morta annegata nel fiume e con la pancia gonfia aveva superato ogni limite.
Sarà il turbamento profondo dovuto al rifiuto dell’opera, oppure la sua naturale irrequietezza e turbolenza che lo videro protagonista nel 1606 dell’assassinio di Ranuccio Tommasoni.
Costretto a scappare da Roma, dapprima a Napoli e poi a Malta. Qui è molto apprezzato come artista e riesce ad entrare nell’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni. Dipinge la “Decollazione di San Giovanni Battista” che rappresenta forse l’opera più teatrale dell’intera produzione caravaggesca.
Il tema centrale è l’idea della spettacolo della morte. Dal sangue riversato a terra dalla decapitazione Michelangelo Merisi attinge il suo autografo, forse a sugellare la fratellanza con l’ordine.
Appartiene al periodo della Valletta anche il celebre ritratto del Maestro dell’Ordine “Alof de Wignacourt”.
Ma non riesce a sfuggire al suo destino ed è costretto a scappare nuovamente, dopo un’ennesima rissa in cui ferisce un uomo e viene rinchiuso nel carcere della Valletta dal quale riesce ad evadere miracolosamente e a raggiungere la Sicilia, a Siracusa dove dipingerà “Il Seppellimento di Santa Lucia”, forse il dipinto in cui di più di tutti si avverte la presenza del Male e della Crudeltà.
I tre quarti del dipinto sono rappresentati da un muro, una Cripta, forse le antiche cave di pietra siciliane che l’antico tiranno Dioniso trasformò in delle prigioni e che forse gli ricordavano la precedente esperienza.
L’atmosfera divina scompare completamente per lasciare spazio alla cruda realtà: Caravaggio ha trasformato il seppellimento e la beatificazione di una santa in un normalissimo funerale.
La Santità viene mortificata perché il Male è più forte del Bene.
Ritorna a Napoli dove dipinge “ Le sette Opere di Misericordia” ( 1606/1607 – Pio Monte della Misericordia) in cui viene raffigurata la dimensione della solidarietà umana. Gli sguardi non sono rivolti in alto per chiedere un’intercessione divina. Addirittura la Madonna abbassa lo sguardo in segno di impotenza. L’unica fonte di illuminazione è la torcia accesa portata da un diacono che illumina i piedi di un cadavere che sta per essere sepolto.
In “Giuditta ed Oloferne” 1598-’99 Palazzo Barberini –Roma Caravaggio realizza un realismo cinematografico. Il tema della decapitazione ritorna spesso nella produzione del Pittore, forse anche per motivi legati alla vita personale.
Negli ultimi anni era costantemente in fuga per sfuggire alla pena di morte e alla caccia di coloro che volevano vendicarsi per l’uccisione del Tommasoni e per il ferimento del cavaliere di Malta.
Non a caso in uno dei suoi ultimi dipinto del 1610, “Davide con la testa di Golia” esposto nella Galleria Borghese di Roma c’è il suo autoritratto: la testa di Golia . Il realismo psicologico è impressionante.
Meritatissimo consenso finale con applausi consapevoli una volta tanto.
Uno Sgarbi che soltanto davanti all’Arte e ad i Grandi Artisti Immortali piega la sua ostentata superiorità ed è così che merita la più grande e profonda ammirazione del pubblico intero.

Miriam Artiaco

 

 

Stampa
Share.

About Author

Comments are closed.