La Passione nelle intonazioni del Laudario 91 di Cortona

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Il 1200 fu un secolo di grande fervore religioso, è in questo periodo che prendono vita numerosi movimenti improntati alla riscoperta della vita apostolica e ad una predicazione evangelica che potesse raggiungere anche gli strati popolari; la Chiesa ostacolò e represse questi movimenti, giudicandoli eretici, ma non poté arginare l’espressione artistica che in campo musicale e letterale portò alla nascita di composizioni paraliturgiche in lingua volgare di carattere popolare, come la lauda. Se in campo letterale non possiamo non pensare ai componimenti di Jacopone da Todi, per il repertorio musicale non si può prescindere dallo studio del Laudario di Cortona. Riscoperto solo nel 1876, risale presumibilmente al periodo tra il 1270 ed il 1292 e raccoglie i componimenti di vari poeti e musicisti; insieme al Laudario Magliabechiano viene annoverato tra le prime testimonianze di musica italiana in lingua volgare e come prima raccolta di laude italiane con notazione musicale. Fu Fernando Liuzzi (1884-1940), compositore e musicologo, nonché appassionato di musica medievale, a trascrivere le intere raccolte dalla notazione quadrata alla notazione moderna, arricchendole anche, seguendo il fervore della nascente musicologia, con una ricca orchestrazione che avvicinasse la scrittura modale medievale all’orecchio tonale del tardo ottocento. Dall’immensa opera di trascrizione Liuzzi ricavò un ciclo di quindici Laude composto da Natività, Passione e Resurrezione che diede alle stampe a Roma con il titolo di “La Passione nelle intonazioni del Laudario 91 di Cortona del secolo XIII”. 

L’Ensemble Agorà ed il Coro Polifonica Agorà, diretti dal maestro Gianmichele D’Errico, hanno offerto un’esecuzione in stile rappresentativo di questo Ciclo di laude lo scorso sabato 7 aprile presso la Chiesa di San Gennaro di Napoli.
Il maestro D’Errico ha rispettato l’orchestrazione indicata da Liuzzi –
violino, viola, violoncello, contrabbasso, flauto, oboe, arpa, organo e percussioni- ma ha presentato una sua rielaborazione componendo per l’occasione un Introduzione e due Intermezzi strumentali in modo da articolare la rappresentazione in tre quadri; l’esecuzione è stata arricchita dalla voce di Debora Cardillo, che ha recitato prima di ogni lauda il testo in lingua volgare fornito anche su libretto. 
Come già fece Liuzzi, D’Errico ha scelto personalmente la destinazione corale o solistica dei singoli brani o di parte di essi, interpretando a ragione il sentimento del testo poetico; è mancata tuttavia, specie nelle esecuzioni a voce sola del soprano Maria Antonucci e del tenore Pasquale Bruno, la cura per la singola parola, una ricercatezza imprescindibile nell’esecuzione della musica antica, specie quella su testi religiosi. Il discorso musicale medievale è assai distante dal gusto cui l’orecchio moderno è abituato, la differenziazione di carattere non si gioca sulla contrapposizione maggiore-minore, bensì sull’alternanza tra canto sillabico e melismatico e sulla scelta agogica; nelle laude, che presentano uno stile monodico e strofico, e ancor di più nei brani strumentali, composti per sottolineare i diversi momenti della vita di Cristo, alla delle recenti scoperte musicologiche sarebbe stata apprezzata una maggior attenzione a questi dettagli.

Emma Amarilli Ascoli

foto di Emanuele Ferrigno 

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