Cry me a river

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La biografia di Dora Maar è stata una delle più intense del secolo scorso. Il suo percorso artistico ed esistenziale è stato attraversato da tormentose relazioni con i grandi del XX secolo e da tentativi espressivi polimorfi, sintomo di un animo avvolto dall’oscurità di una vita indecifrabile.
Il testo di Sinisi Ritratto di Dora M. nato da un progetto a cura di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia che ne ha curato anche la regia, restituisce invece una narrazione piagnucolosa, un lamento giovanilistico, ornato di parole inutilmente leziose (forse sarebbe l’ora di rendersi conto che non basta il desueto a fare poesia): ne viene fuori l’ennesima donna a caccia di ambiziosi incontri, colma di risentimento e di disprezzo, di nostalgie mescolate a banali riduzioni (come quella riguardo a Georges Bataille, dipinto come una sorta di pischello narcisista).
La regia, insipida, non ha ritmo né direzione, se non nei movimenti ripetitivi dell’attrice Ginestra Paladino. Il peggio viene però proprio da quest’ultima: una recitazione davvero modesta, da debuttante, che appesantisce le battute come a voler realizzare una caricatura patetica. Sembra di assistere ad un momento di avanspettacolo dove si vuole prendere in giro come si recita a teatro. Il risultato è infatti un patetismo insopportabile, un’ora lunghissima di parole offerte in monotonia, senza ritmo, senza variazioni espressive, se non quelle molto insignificanti ottenute dal cambio di volume. L’unica porzione che si salva è la scenografia, raffinata e velata, che suggerisce qualcosa di fondamentale del personaggio e che purtroppo il testo e la recitazione distruggono completamente. Si fa fatica a comprendere come si possano selezionare simili spettacoli.
Da dimenticare.
Visto al Teatro Nuovo il 15 giugno 2018: musiche originali Carlo Boccadoro, scene e costumi Erika Carretta, produzione Teatro Filodrammatici di Milano in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia.

Andrea Bocchetti

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