Oriente e Occidente si incontrano in musica a Palazzo San Carlo

0

Il corso di alto perfezionamento tenuto dal maestro Ennio Capece, docente di canto del conservatorio Monteverdi di Bolzano, ha trovato il suo momento performativo nella cornice di palazzo San Carlo, in Santa Maria Capua Vetere. L’evento dedicato alla solidarietà, all’accoglienza e alla tolleranza nelle sue molteplici forme, ha visto, domenica 8 luglio alle ore 19, spalancarsi ed animarsi gli splendidi saloni della villa e l’ospitalità del padrone di casa e presidente della associazione “Amici di palazzo San Carlo”, Gennaro Stroppolatini è stata come sempre impeccabile.
A presentare la serata Dario Ascoli, critico del Corriere del Mezzogiorno e musicologo del teatro San Carlo di Napoli.
Un pensiero è stato immediatamente rivolto ai ragazzi thailandesi intrappolati nella grotta e ai loro soccorritori nel momento in cui si stavano svolgendo le più delicate fasi delle operazioni di salvataggio. Rifacendosi al tema della manifestazione, Ascoli ha riportato una dichiarazione da lui personalmente raccolta durante un’intervista al maestro Daniel Barenboim: “la musica anticipa le cose del mondo, l’equilibrio e la simmetria della musica del ‘700 hanno precorso i Lumi, la musica moderna, con il suo involgarimento, parla ai più bassi istinti e questo lascia presagire un imbarbarimento dei costumi, e la nascita di egoismi, cui stiamo purtroppo già assistendo nostro malgrado”.
La buona musica è, invece, in grado di abbattere le barriere e accorciare le distanze tra i popoli, parlando il linguaggio universale dell’arte e della bellezza.
Ed ecco che, accompagnati al meraviglioso pianoforte a coda dal m. Francesco Pareti, docente del conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, che sempre conferma le sue grandi esperienza e professionalità, alcuni giovani talenti, di provenienza prevalentemente orientale, si sono misurati con le più belle arie del panorama lirico, calorosamente accolti ed incoraggiati dal pubblico, che ha certamente perdonato loro più di qualche errore di pronuncia, talvolta di esilarante simpatia.
Ad aprire la serata due arie da camera: “Il poveretto” e “Vaga luna che inargenti” rispettivamente di Verdi e Bellini. I due compositori, pur dedicandosi prevalentemente al genere dell’opera, non disdegnarono la produzione di musica da camera che è essenzialmente musica di costume. Nel secondo brano in particolare si ravvisa quella cantabilità che sarà propria poi di Norma e di Sonnambula e che farà del suo autore uno dei più importanti melodisti del tempo, in una accezione nient’affatto dispregiativa. Come sottolinea Capece la musica da camera è propedeutica all’interpretazione del repertorio operistico e presuppone una finezza esecutiva ed un controllo spesso estranei alle arie del melodramma. A seguire una minuta ed emozionatissima ragazzina cinese ha interpretato la celebre aria di Despina “Una donna a 15 anni”. Il brano tratto da Così fan tutte, terza opera, probabilmente quella meno apprezzata, della trilogia dapontiana di Mozart, ne rappresenta invece forse l’esempio più compiuto ed essenziale e non manca di riferimenti al tema della solidarietà: ambientata a Posillipo, vede infatti i due giovani fidanzati delle fanciulle Fiordiligi e Dorabella accolti anche nei loro travestimenti da albanesi (“Io non so se son Vallacchi o se Turchi son costoro”). Altro richiamo è certamente opportuno è quello al moderno femminismo: Se è vero infatti che le donne così fan tutte, per il tramite di Despina, che si erge a paladina della riscossa di genere, apprendiamo che, in fatto di uomini, “uno val l’altro perché nessun val nulla”. Così fan tutte sarà opera inaugurale della prossima stagione del San Carlo con la regia di Chiara Muti e la direzione di Riccardo Muti.
Con la meravigliosa serenata per tenore “Saper bramate” dal Barbiere di Siviglia di Paisiello, restiamo a Napoli, l’aria in questione ha sicuramente ispirato le successive: serenata di Lindoro dell’omonima opera di Rossini e quella per il Don Giovanni di Mozart. Quest’ultimo fu un grande estimatore di Paisiello e, nel 1770, si mise in viaggio verso Torino, dove il compositore napoletano era stato costretto a riparare in seguito alla mancata ottemperanza ad una promessa di matrimonio, per assistere alla prima del suo “Annibale in Torino”, di cui Dario Ascoli sta curando una edizione.
Affidato al mezzosoprano Bin Bing Jie il quinto brano in programma: “Vado, ma dove? Oh dei!” di Mozart, su libretto ancora una volta di Da Ponte scritto però per l’opera “Il burbero di buon cuore” di Martin y Soler del 1789.
La piacevole kermesse prosegue con il brano “Il faut partir” da La fille du Regiment, opéra comique in due atti composta da Donizetti per Parigi, essa narra di una ragazza, Marie la vivandiera, adottata ed allevata da un reggimento di soldati e che vive il suo innamoramento con Tonio essendo poi pronta ad abbandonare, non senza tristezza, il nido, come da titolo dell’aria. Donizetti, compositore bergamasco, ebbe con Napoli un rapporto controverso di amore ed odio, tragiche furono infatti le circostanze in cui, proprio nella città partenopea, perse la moglie e il figlio. Formatosi a Bergamo egli scrive  però musica alla maniera napoletana, celebri sono, ad esempio, alcune sue composizioni cameristiche “La conocchia”, “Me voglio fa’ ‘na casa” in lingua napoletana e inserite nella raccolta “Nuits d’été à Pausilippe”.
Un vero e proprio gioiellino l’operina comica in un solo atto “Il campanello dello speziale”, sempre in lingua napoletana, per la quale l’autore rinunciò al suo compenso facendone omaggio ad una compagnia di artisti in difficoltà.
È la volta dei tre tenori, Jin Wei, Wen Hao e Massimo Macrì, che si sono alternati nell’esecuzione di “La donna è mobile” famosa aria che il duca di Mantova, personaggio dalla psicologia controversa, intona nel terzo e ultimo atto del Rigoletto di Verdi, in scena a partire dal 14 luglio al San Carlo di Napoli per la rassegna Opera Festival.
A questo punto si apre una, più o meno lunga, parentesi dedicata a Giacomo Puccini.
Liu Xiao con “Tu che di gel sei cinta”, aria di Liu, non sfugge l’omonimia con l’interprete, dalla Turandot di Puccini; la giovane innamorata sacrifica la propria vita pur di non rivelare il nome di Calaf. Si racconta che Puccini soffrisse allora a causa della morte di una sua serva, suicida a seguito delle calunnie ai suoi danni pronunciate dalla moglie circa una presunta relazione, mai dimostrata, con il compositore, pare infatti che la ragazza fosse ancora vergine. Puccini a Bruxelles pur avendone il tempo non completó l’opera, e il finale sarà affidato a Franco Alfano. Non sono mancate nel corso degli anni direzioni, su tutte quella di Toscanini, che, in omaggio all’autenticità della partitura pucciniana, abbiano preferito arrestarsi in corrispondenza con le ultime battute composte dal musicista lucchese. Non siamo però in grado di determinare quanta parte della decisione fosse in realtà dettata dalla circostanza che il direttore in questione non amasse Alfano e nutrisse astio nei confronti dei compositori suoi contemporanei.
A seguire l’aria affidata al tenore Wen Hao “Addio fiorito asil” dalla Madama Butterfly e con essa torna dunque di scena l’Oriente immaginario ed immaginifico di Puccini, il compositore infatti non lo vide mai. Conobbe invece l’America e caricò la sua opera di marcati significati in funzione antiamericana, ragione che in quel paese gli costò la censura. Pinkerton è infatti tratteggiato come un razzista, un arrogante, un mediocre, uno stupratore.
Il duetto “O soave fanciulla” dalla Boheme è stato eseguito da Jin Wei e Zhang Yuanyan, coppia anche nella vita. Il tenore é poi rimasto per una apprezzata versione di “E lucevan le stelle” dalla Tosca, del pari in scena dal 12 luglio per la medesima rassegna del Massimo napoletano.
Zhang Yuanyan è a questo punto rientrata per rendere una delicata esecuzione di “Ecco respiro appena… Io son l’umile ancella” dall’Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea.
Il celeberrimo brindisi di Traviata lascia scivolare la piacevole serata verso la sua conclusione, dedicata, quasi esclusivamente, alla canzone napoletana, a coronamento di un riuscito gemellaggio culturale e di un sodalizio artistico con il capoluogo campano.
Ester De Falco ha quindi offerto una struggente, forse troppo, interpretazione di “Chiove” e di “Piscatore ‘e Pusilleco; “Non ti scordar di me” di De Curtis ha poi visto cimentarsi, questa volta come solista, Massimo Macrì e po ancora  “Tu ca nun chiagne” di Bovio/De Curtis.
Esplosivo il finale con “‘O sole mio” cantata da tutti, una “Habanera all’acqua pazza” come simpaticamente l’ha definita Dario Ascoli, ricordando che il brano si struttura appunto su un piede ritmo di habanera  che aveva preso a circolare per i vicoli della città allorquando Napoli, dimostrandosi oltremodo aperta e spregiudicata recepì e mise in scena la Carmen di Bizet, opera lasciva per il tempo, la cui più celebre aria di mezzosoprano, l’altrettanto celebre canzone napoletana pare un po’ ispirarsi.

Stampa
Share.

About Author

Comments are closed.