Mariella Devia: L’essenzialità dell’eccellenza. Oltre il suo canto solo il mito

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Si può essere regali e modesti, riservati e cordiali, consapevoli del proprio valore e impegnati a migliorarsi sempre?
Si sarebbe portati a rispondere negativamente se non si conoscesse lei: Mariella Devia, che da decenni, persino suo malgrado, ha il capo cinto dalla corona di Regina del Belcanto.
Il suo aplomb elegante può farla apparire schiva, ma chi la conosce sa che la Divina Mariella è solo cortese ed essenziale nella comunicazione, come se volesse lasciare parlare i personaggi, quasi tutti coronati o giù di lì, come se chiedesse a Mariella di compiere un passo indietro per lasciare la ribalta a Lucia, a Norma, a Maria, a Lucrezia  o a Elisabetta.
Il recital al Teatro di San Carlo di martedì scorso, che ha visto il soprano accompagnato dall’Orchestra stabile del Massimo napoletano diretta da Pietro Rizzo, ha incantato il pubblico presente, costituito in gran parte da intenditori e da melomani che per nulla al mondo avrebbero rinunciato a potere affermare: «Io c’ero»
E per il recital sancarliano Mariella Devia ha scelto brani non ancora da lei eseguiti a Napoli, come una rara pagina da “Il corsaro” di Verdi e tre arie dal repertorio francese con “Je dis que rien ne m’épouvante” da “Carmen”  di Bizet, l’ “Aria dei gioielli” da “Faust” di Gounod e ancora dello stesso autore “Je veux vivre” da “Roméo et Juliette”.
La curiosità dei più smaliziati in tecnica vocale è stata quella di apprezzare l’emissione dei fonemi tipici della lingua transalpina, non poco diversi da quelli del belcanto italiano: nessuna incertezza e nessun cambio di posizione inopportuno nella vocalità del soprano ligure nel passare da “editti” di sovrana a slancio adolescenziale di Juliette e al coraggio autoimposto di Micaela.
Melodramma italiano anch’esso protagonista con “Come è bello” da Lucrezia Borgia  e con  “Non son le tetre immagini” da “Il corsaro”, “Sempre all’alba ed alla sera” da “Giovanna d’Arco”.
Nitidezza di attacco e precisione nella chiusura dei suoni e nel mezzo un fraseggio morbido, ma che non rinuncia alle dinamiche: è la lezione di Mariella Devia.
Dal podio Pietro Rizzo si è limitato ad accompagnare il nobile canto, ma con cura e senza cadute di stile, mentre le sinfonie orchestrali da “La favorite” di Donizetti, da “La battaglia di Legnano “e da “La forza del destino” di Verdi e  da” Béatrice et Bénédict” di Hector Berlioz hanno sofferto di una veniale carenza di incisività.
Bis argenteo e sognante con “Casta Diva” lasciandoci una “Norma”, che, invece è davvero un’eccezione!

Mariapaola Meo

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