Britten e Respighi omaggiano Rossini e J.S.Bach a Villa Rufolo

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Un corale di J.S.Bach è quanto di più distante, o quasi, si possa immaginare da una sinfonia rossiniana, ma il giardino di Klingsor, ovvero Villa Rufolo, domenica 25 agosto alle 19,30 sarà in grado di compiere la magia, mercé la bacchetta di Donato Renzetti alla conduzione dell’ Orchestra Filarmonica di Pesaro.Prima di ascoltare quattro tra le più note sinfonie rossiniane da “Il signor Bruschino”, “Sigismondo”, “La gazza ladra” , “Guillaume Tell”  si ascolterà un tributo di Benjamin  Britten al compositore pesarese, rappresentato da  “Matinées musicales seconda suite in cinque movimenti da Rossini, op.24”.
Si tratta di una partitura che si rivela assolutamente spontanea benché sia nata per l’American Ballet Company; la suite è costituita da una Marcia, un Notturno, un Valzer, una Pantomima e un Moto perpetuo.
Scevra da ogni intento parodistico, la partitura, nel 1841 insieme con le cinque «Matinées Musicales» dell’op. 9, e con l’ouverture della «Cenerentola»  a  costituire un’unica fantasia musicale per la  coreografia «Divertimento»  di Balanchine.
E con Rossini, traguardato o meno da Britten, siamo in una temperie ironica, buffa, teatrale quanto più è difficilmente immaginabile, mentre la serata ravellese si aprirà in un clima solenne con tre meravigliosi corali di J.S. Bach orchestrati e rielaborati da Ottorino Respighi: 1.Nun komm, der Heiden Heiland. (Ora vieni, salvatore delle genti), 2.Meine Seele erhebt den Herren (Magnificat anima me). 3.Wachet auf, ruft uns die Stimme (Svegliatevi, la voce chiama).
Il corale è centrale nella musica sacra luterana e a Lipsia, nell’ultimo periodo della propria esistenza, J.S.Bach ha prodotto una enorme quantità di cantate per la Thomaskirche in cui il corale su tema e cantus firmus di Martin Lutero costituisce il momento più significativo.
Necessità virtù quella del genio di Eisenach che dispone nelle centinaia di pagine composte a Lipsia non solo i corali, pressoché obbligatori, ma anche brani orchestrali in stile francese, arie in stile italiano: quando Bach si rivolge al Signore si stabilisce un dialogo che non è di questa Terra e non a caso a tal proposito Johann Wolfgang Goethe parlò di «Un colloquio di Dio con se stesso, poco prima della creazione» .
Che sia probabile il ricorso all’autoimprestito se non alla parodia, non affievolisce il rammarico per lo smarrimento, che un inguaribile ottimismo vuole ritenere temporaneo, di molte decine di cantate composte dal 1723 al 1750, ma Lipsia è una delle città più martoriate nel Novecento, prima dallo smantellamento degli organi per ricavare metallo per le scellerate impresse di Hitler, poi bombardata e incendiata dall’aviazione inglese prima di venire ricostruita secondo i canoni dell’architettura del realismo socialista sovietico il cui ateismo, ben diverso dalla laicità, non ha risparmiato molti edifici religiosi che custodivano preziosi manoscritti settecenteschi anche di Telemann, Buxtehude, Mattheson, molti dei quali, per fortuna, sottratti all’oblio e al deterioramento da Felix Mendelssohn Bartholdy che ha dato vita alla Bach Renaissance con la riproposizione di una allora dimenticata Matthäus-Passion nel 1829, quasi ottant’anni dopo la morte del Cantor di Lipsia.
Ben sottratta alle nebbie dell’oblio la produzione bachiana è stata oggetto di studio ammirazione e ovviamente di esecuzione da parte di Ottorino Respighi e non poteva non ispirare l’autore bolognese.
Il neoclassicismo, in cui si inscrive molta produzione respighiana,  è una corrente musicale tanto presente e raffinata nell’Italia di inizio secolo da potere avanzare un’ipotesi, lusinghiera sebbene al limite dell’azzardato, circa l’influenza che essa eserciti su Igor Stravinskij nel fargli imboccare la strada che caratterizza il periodo centrale della produzione del musicista russo, quella appunto neoclassica.

Raffaella Ambrosino

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