I Concerti Brandeburghesi dell’Orchestra Barocca Zefiro

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“Uno scoglio posto di traverso alla corrente del tempo, una natura caparbia e ostinata, che i contemporanei non potevano assolutamente comprendere nella sua grandezza unica.” Con queste parole Werner Neumann, editore della Neue Bach Ausgabe (1951), descriveva il Kantor di Lipsia, una descrizione che non sembra rispecchiare l’immaginario che siamo soliti associare alla figura di Johann Sebastian Bach, vale a dire quella di un compositore talmente apprezzato da sopravvivere allo scorrere del tempo ed essere ancora inserito nei cartelloni delle stagioni concertistiche.
E proprio con un concerto interamente dedicato a Bach si è infatti inaugurato, lo scorso 19 ottobre, il Ciclo Calliope (concerti previsti il sabato pomeriggio) della 75° stagione musicale dell’Istitituzione Universitaria dei Concerti (IUC). L’Orchestra Barocca Zefiro, diretta da Alfredo Bernardini per questa occasione ha proposto l’esecuzione integrale dei “Concerti Brandeburghesi”, un programma dalla durata di quasi due ore, che non ha affatto scoraggiato l’audience, ottenendo anzi un tutto esaurito. Tra i concerti più amati del periodo barocco, i “Concerti Brandeburghesi” tuttavia non godettero di fama tra i contemporanei di Bach, non si hanno notizie certe sulla loro esecuzione e non vennero citati nemmeno dal primo biografo bachiano Nikolaus Forkel (1802). Composti nel 1721 con il titolo di “Six Concerts avec plusieurs instruments”, nel 1873 vennero rinominati “Concerti Brandeburghesi” da Philipp Spitta – celebre autore della monumentale monografia bachiana (1880) – in onore del loro dedicatario, Christian Ludwig Margravio di Brandeburgo. 
È lo stesso Bach ad informarci delle vicende che lo portarono alla composizione di questi Concerti e lo fece attraverso il frontespizio e la dedica, entrambi scritti in francese secondo il gusto dell’epoca.
Il Kantor ebbe modo di esibirsi difronte a Christian Ludwig di Brandeburgo-Schwedt nel 1718, quando da Köthen si recò alla volta di Berlino assieme al principe Leopold I di Anhalt-Köthen – presso cui era a servizio – allo scopo di comprare un cembalo a due manuali. Non sappiamo se e quanto il Margravio apprezzò i Sei Concerti, né se vennero mai eseguiti, ciò di cui siamo a conoscenza è che vennero conservati nella Biblioteca di Corte in faldoni contenenti musiche varie di vari compositori e non in una collocazione di rilievo, quale ad esempio, quella riservata nella stessa Biblioteca a Vivaldi. I Concerti potrebbero essere stai invece eseguiti presso la corte di Köthen, che al contrario della contea di Brandeburgo, disponeva del vasto organico per cui i Brandeburghesi erano pensati: corni, oboi, fagotto, flauti, traversiere, viole da gamba, violini, viole, violoncelli, violone e cembalo. 
Cecilia Bernardini ha condotto come primo violino tutti i concerti ad eccezione del Quinto per il quale la parte solistica è stata affidata a Rossella Croce che, senza nulla togliere ai virtuosi colleghi, si è distinta per la cura minuziosa dei respiri musicali, che in composizioni che prevedono il dialogo tra strumenti ad arco e strumenti a fiato assume un rilievo ancor maggiore.
La cura della prassi filologica, che caratterizza l’Orchestra Barocca Zefiro, non ha disatteso le aspettative, tuttavia il concerto sarebbe stato ancor più impreziosito da una maggior cura della dinamica nel Primo Concerto che prevede la presenza particolare del violino piccolo alla francese, un violino dalle dimensioni leggermente ridotte accordato una terza sopra la normale estensione e dalla sonorità ridotta. Alfredo Bernardini si è distinto sia per la sua esibizione all’oboe, nel Primo Concerto, sia per la scelta di dirigere – con gesto arioso ma al tempo stesso ricco di impulsi ritmici a sottolineare i numerosi ingressi previsti dalla forma contrappuntistica –  il Terzo ed il Secondo Concerto, salvo lasciare il palco ai Soli nell’Andante di quest’ultimo, nel quale la direzione sarebbe risultata ancora più superflua, diversamente che per i tempi veloci nei quali si è scelto di sottolineare la ripresa del tema con rallentando interni ai movimenti. 
I “Concerti Brandeburghesi”, che trovano nella loro diversità la propria omogeneità, come scrive Alberto Basso e come ha voluto ricordare Alfredo Bernardini durante i suoi interventi, offrono un compendio degli strumenti e degli stili del tempo, con richiami allo stile francese e al concerto grosso italiano, anche se il modello bachiano si presenta in maniera del tutto originale nell’alternanza dei soli e del tutti.
Lo si è notato ad esempio nel Quinto Concerto che vede il tutti orchestrale contrapporsi a violino, traversiere e clavicembalo, con una predominanza però di quest’ultimo, protagonista della lunghissima cadenza del primo movimento, che fa ricordare questo componimento come il prototipo del concerto per cembalo e orchestra. Fiore all’occhiello dei “Concerti Brandeburghesi” il Quinto ha aperto la seconda parte del programma; Alfredo Bernardini ha infatti deciso di non seguire l’ordine presentato da Bach nel manoscritto, ma di alternare i Concerti in modo da aprire e chiudere il pomeriggio “a pieno organico” per così dire, presentando in apertura il Primo Concerto, che prevede archi, fagotto, tre oboi e due corni – strumento utilizzato solo da Telemann prima di Bach – e in chiusura il Secondo Concerto che vede un concertino composto da tromba, flauto dolce, oboe e violino, contrapporsi al tutti dell’orchestra d’archi. L’Orchestra Barocca Zefiro ha ricreato una struttura altrettanto simmetrica all’interno delle due parti del concerto, ponendo al centro di ciascuna i due concerti per archi soli: il Sesto ed il Terzo.
Il primo dei due prevede un organico davvero particolare per l’epoca, è infatti privo di violini, con le viole da gamba – strumento prettamente solistico – nel ruolo di accompagnamento e come solisti due viole da braccio –strumento fino ad allora utilizzato esclusivamente come ripieno e che nello stesso anno diviene solista oltre che nel Sesto Brandeburghese anche in un Concerto a solo composto da Telemann-.
Il Terzo Brandeburghese presenta invece una struttura a tre cori composti da tre violini, tre viole da braccio e tre violoncelli e da violone e cembalo al continuo. Non resta che citare in conclusione il Quarto Brandeburghese che vede accanto Ensemble d’archi due flauti dolci. 

Emma Amarilli Ascoli

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