Al Verdi di Salerno La Tempesta nella lettura di Luca De Fusco

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È un’ora e quaranta di spettacolo senza pause, la scenografia costituita da un’imponente libreria pronta ad animarsi anche con tecniche video-digitali e gli attori che narrano ognuno il proprio destino, sono nella costruzione registica in continuo confronto con i diversi linguaggi teatrali.
Tra il simbolico ed il reale si snoda con impeccabile eleganza
La Tempesta di William Shakespeare nell’adattamento di Luca De Fusco e traduzione di Gianni Garrera, andata in scena in prima serata giovedì 14 novembre 2019 al Teatro Verdi di Salerno. Aspettative non deluse da un’inedita angolazione registica, per un testo complesso, affascinante e polisemico che apre ad infinite letture e possibilità.
Eros Pagni è un impareggiabile Prospero in abiti borghesi, assorto e pensoso, incedere sicuro e pacato nel dire, gran orchestratore di eventi che hanno il soffio della magia, il legittimo Duca di Milano, mago e scienziato, spodestato dal fratello usurpatore che offre una sua ispirata visione sapienziale della vita. Miranda è la figlia, adolescente graziosa ed innocente (Silvia Biancalana), che a tre anni visse con il padre il forzato esilio, raggiungendo un’isola deserta grazie all’aiuto del Vecchio e onesto Consigliere Gonzalo (Enzo Turrin).
Le installazioni video (Alessandro Papa) e il disegno luci (Gigi Saccomandi) evocano ulteriori significati che arricchiscono lo spettacolo, mentre lo spettatore è presto catturato dalle piccole diavolerie dei due servitori di Prospero, Ariel lo spirito dell’aria e Caliban lo schiavo selvaggio e deforme, doppiamente interpretati da una sorprendente Gaia Aprea.
Una scelta non casuale perché le due immaginifiche creature, leale ed obbediente la prima quanto malefica e traditrice la seconda, sembrano più luoghi psichici del protagonista, con l’attrice che recita con maschere maschili in volto, popolando l’universo della creatività letteraria di Prospero, scelta privilegiata dal regista. Su un nastro scorrevole che attraversa l’intero palcoscenico entrano in scena gli altri protagonisti, un panta rei che fa approdare sull’isola, dopo la tempesta scatenata dallo stesso Duca, i superstiti traditori cioè il fratello Antonio (Paolo Serra), Alonso re di Napoli (Carlo Sciaccaluga) e suo figlio Ferdinando (Gianluca Musio), insieme a tutti gli altri naufraghi – Francisco (Alessandro Balletta), Sebastiano (Paolo Cresta), Adriano (Francesco Scolaro) e il già citato Gonzalo. Un artificio meccanico che sembra mosso da un discreto ed inosservato burattinaio, con i fermo immagine dei personaggi che schizzano fuori da una primordiale oscurità, dal mondo dell’ispirazione alla realtà, salvo poi uscire di scena quasi fossero statuine di un malinconico carillon.
Gli effetti scenici a firma di Marta Crisolini Malatesta sono complici del regista che ha scelto la sua dimensione meta-teatrale del testo, un Luca De Fusco che è una sorta di alter ego di Prospero, visto nella sua dimensione oltre che artistica intellettuale. La grande biblioteca ed i tanti libri in scena sono rifugio e insieme ragione di vita di ogni intellettuale e studioso, trono in scena da cui animare invenzioni e magie, fino al commiato finale del duca, quasi l’addio del regista dal pubblico del Teatro Stabile di Napoli che, infatti, dal gennaio 2020 sarà diretto da Roberto Andò.
Spettacolo che è anche omaggio al teatro con momenti leggeri e
glamour, molto applauditi il cantiniere ubriacone Stefano ed il buffone Trinculo (Gennaro Di Biase e Alfonso Postiglione) nel loro caleidoscopio di gag e macchiette da avanspettacolo, ricordando la commedia dell’arte e la tradizione teatrale partenopea, mentre un’esplosiva Marylin Monroe (Alessandra Pacifico Griffini) sorprende la platea nel ruolo di una Giunone in versione pop, pronta a benedire la favola d’amore tra Miranda e Ferdinando, il figlio del Re di Napoli. Le musiche di Ran Bagno sono un ulteriore amalgama di questa eccellente squadra. Alla fine il duca Prospero, sventata la congiura con i suoi poteri magici, perdonerà tutti, fino al sereno epilogo dopo i tanti avvenimenti tempestosi. Una finale richiesta di passepartout per essere liberati, con l’applauso indulgente del pubblico, e continuare il viaggio confidando nell’Arte immortale e nel compiersi artistico del Teatro, nella bellezza della vita e dell’amore, gioco di verità e di illusione. La maturità, con il suo separarsi dalle passioni, lascia un uomo preparato a morire, cui la perdita delle illusioni permette di comprendere molto e di accettare il resto ”. Più che un addio, però, anche se a nulla può qualsiasi scelta di volontà ed anche l’arte che sembra dissolversi nell’aria, lo spettacolo è una proposta allo spettatore-protagonista di riflettere sul valore della conoscenza che salva, un invito a spiegare le vele per ragionare sul mondo, senza prima però avere rinnovato quell’applauso vitale e rigeneratore. Si replica fino a domenica 17 novembre 2019, per uno spettacolo molto applaudito e sicuramente da vedere.

Marisa Paladino

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