Cosa riceviamo e cosa lasciamo in eredità? “Padri e Figli al Mercadante

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Anche al Mercadante di Napoli, dopo che allo Storchi di Modena e all’Arena del Sole bolognese, è arrivato l’ambizioso adattamento del celebre romanzo “Padri e Figli” di Ivan Turgenev, grazie all’adattamento del professor Fausto Malcovati e del regista Fausto Russo Alesi.
È doloroso ascoltare le parole con cui il narratore deve “ spiegare “ al pubblico del perché si rappresenti un lavoro di un autore russo  di fronte a tanta ostilità che in questi ultimi tempi ha coinvolto l’intera cultura di un popolo , ma fortunatamente il teatro resta ancora uno dei pochi spazi di libertà e di unione .
Sulla scena tredici giovani attori oltre ad una musicista che al pianoforte accompagna la storia con la partitura di Giovanni Vitaletti e lo stesso Malcovati che apre la narrazione affidando il libro ad una lettrice ( interpretata da Marina Occhionero ) e invitando gli attori a raccogliere i loro copioni .Saranno loro, di volta in volta, a raccontarsi nella storia esprimendo il loro punto di vista che li relaziona e li colloca nel mondo rappresentato.
In effetti l’opera di Turgenev viene esposta attraverso dei capitoli che sostanzialmente si vanno a connotare nei differenti luoghi un cui la vicenda si svolge, luoghi che però diventano anche emblematici dell’evoluzione psicologica dei protagonisti, in un lavoro di costruzione e disfacimento a testimonianza che l’eredità a cui i figli sono chiamati non è l’approssimazione di una rendita , ma una riconquista sempre in corso. Ereditare coincide allora con l’esistenza stessa , con la soggettivazione, mai compiuta una volta per tutte, della nostra esistenza.
Un’ incompiutezza di cui dà conto anche la scena, quasi un cantiere dove grandi assi di legno si appoggiano su una struttura metallica, assi che si spostano a chiudere o aprire vuoti , a creare una tavola domestica all’occorrenza o un calesse o un giaciglio…o a ritornare al loro posto in un apparente ordine prestabilito.
Tutto è incerto, il momento storico e il luogo  in cui si svolge il racconto (una Russia piena di contraddizioni , dove rapidi cambiamenti stanno accelerando il declino dell’aristocrazia terriera , una Russia sconvolta dalla guerra di Crimea, da una crisi economica devastante, dallo scontro di opposte ideologie), ma anche la difficoltà tra due generazioni che condividono mondi e visioni differenti nell’eterno scontro tra il mantenere , il conservare o il demolire per costruire di nuovo.
Il giovane Arkadij (Luca Carbone), dopo  anni passati all’Università,  fa rientro alla tenuta del padre Nikolay (Stefano Guerrieri)  e dello zio Pavel (Luca Tanganelli).
Lo accompagna un amico, studente in medicina,  Bazarov (interpretato da Matteo Cecchi), con un approccio pragmatico a tutto, che respinge tutte le asserzioni comuni sulla politica,  sui valori della famiglia, sulle gerarchie sociali, mettendo in gioco lo stesso concetto di amore. Bazarov è  un nichilista, una persona che rifiuta qualsiasi sistema precostituito.
 “ Aristocrazia, liberalismo, principi…Pensa solo a quante parole straniere e inutili! Per il Russo non servono a nulla!, ecco cosa pensa il giovane Bazarov della generazione più anziana e del suo modo conservatore di intendere l’esistenza.
Sbraita il suo odio verso gli aristocratici senza accorgersi che del popolo,  di cui vuole essere paladino , non sa nulla.  Rinnega l’amore borghese, ma alla fine perde la testa per la bellezza austera di Anna Odincova ( Daria Pascal Attolini) che lo rifiuta. E  piano piano le sua spavalderia si spegne , la sua forza si scioglie e la sua stessa vita si conclude per una epidemia di tifo nel completo disincanto.
L’amico Arkadij invece si sposerà e continuerà a gestire i possedimenti del padre, altri giovani preferiranno andare all’estero nell’illusione di trovare altrove le radici del cambiamento,  i personaggi più  umili, i servi, resteranno tali, dimenticati anche nella storia.
La domanda resta sempre la stessa: cosa fare di quello che abbiamo ricevuto in eredità e che dovremmo trasmettere ai figli? In cosa si è eredi? Di quale ideologia, di quali valori? Possiamo realmente dichiararci liberi da qualsiasi condizionamento? E distruggere ci renderà liberi o migliori?
Non lo risolve Turegenev nel suo romanzo , lasciando i personaggi con le loro contraddizioni, non lo risolve il teatro in cui le voci dei giovani attori , tutti molto bravi,  danno vita ad un affresco corale che si compone alla fine sulla note di una cover italiana di “ Eve of destruction “ di Barry Mc Guire, , premonitore di un mondo che si avvia alla distruzione e monito terribilmente attuale : you don’t believe we’re on the eve of destruction…

Dora Iannuzzi

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