A quasi quarant’anni dalla sua scomparsa, Napoli continua a celebrare l’autore di “Napoli milionaria” e di “Filumena Marturano” recuperando una dolce memoria e inorgogliendosi per un geniale suo concittadino.
In questi giorni memoria e orgoglio trovano nuova linfa nel luogo, più emblematico della rinascita di una città dilaniata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale che avevano distrutto, non solo i palazzi, ma anche l’umanità di un’intera popolazione: nel teatro “San Ferdinando” i cui ruderi Eduardo aveva acquistato per farne un simbolo di recupero culturale e di riscatto morale della città.
Un teatro che aveva rimesso in sesto “tavola tavola chiodo chiodo” come recita il titolo di uno splendido spettacolo nato, qualche anno fa, da un progetto di Tommaso de Filippo e Lino Musella e da quest’ultimo interpretato in una messinscena che annovera articoli, corrispondenza e appunti tratti dal carteggio di Eduardo.
E “Tavola tavola chiodo chiodo” sono le parole fatte scolpire su una lapide del palcoscenico che Eduardo fece dedicare a Peppino Mercurio, suo macchinista per una vita.
La necessità di rimettere in sesto il teatro, e con esso la vita dei napoletani, si concretizza nella ottima performance di Lino Musella, autentico animale da palcoscenico, che rivela i tratti di un Eduardo “politico”, eternamente in lotta con una burocrazia sorda alle necessità dell’artista e incapace di cogliere gli aspetti sociali del teatro e le sue profonde implicazioni culturali.
Lo spettacolo inanella, così, una serie di aneddoti come quello della Rai che chiama Eduardo per proporgli la trasposizione televisiva delle sue commedie.
«Pronto, qui è la televisione!», è la voce che irrompe al telefono in casa De Filippo. Immancabile la risposta ironica di Eduardo: «Aspettate vi passo il frigorifero».
Nel lungo monologo c’è, però, anche l’uomo che, all’apice di una carriere straordinaria, intuisce la capacità di riscatto che il teatro può offrire, dedicandosi ai ragazzi di strada ospiti del carcere di Nisida.
È il presidente Pertini a nominarlo Senatore a vita concedendogli la possibilità di dedicarsi ai giovani che approcciano il teatro e a quelli cui la vita ha fatto lo sgambetto rendendoli preda del malaffare di una città che fagocita.
Lino Musella attraversa con straordinaria semplicità il genio teatrale del maestro restituendoci tutta la sua ostinazione per l’arte. La sua recitazione autentica, passionale è carica di un’umanità che finisce per emozionare, soprattutto perché risuona in un luogo che ha visto Eduardo calcare le tavole del suo palcoscenico.
“È l’Eduardo capocomico – dice Musella nelle sue note di scena – l’artista che ho voluto rappresentare. Quello non solo legato al talento e alla bellezza delle sue opere ma, piuttosto, alle sue battaglie donchisciottesche condotte instancabilmente tra poche vittorie e molti fallimenti».
Il lavoro, che ha valso a Musella il Premio “Le maschere” del teatro italiano 2022 come attore protagonista, ha il pregio di farci guardare al teatro con maggiore rispetto e a consegnarci l’idea di un lavoro duro e senza tregua.
Alla fine, quando quella minuziosa e caparbia costruzione di tasselli di legno, realizzata in scena con l’ostinazione di chi il teatro lo fa con passione, si disfa in mille pezzi, lo straordinario Musella irrompe in una battuta famosissima «Mo miettete a fà ‘o presebbio n’ata vota…».
Il pubblico lo applaude con il calore che merita un artista sul cui talento non ci sono più dubbi.
Franco Milone