Ramin Bahrami: «L’umanità necessita di un nuovo Illuminismo»

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Da un’intervista per il Corriere del Mezzogiorno

«Sono felicissimo che Marisa Laurito mi abbia offerto l’opportunità di suonare a Napoli nel teatro che lei dirige e di potermi esibire con l’eccellente e vivace Solis String Quartet su un testo ironico che ha scritto Stefano Valanzuolo»
A parlare è il grande pianista persiano Ramin Bahrami, che sabato 22 aprile  sarà sul palco del Teatro Trianon Viviani  nel concerto spettacolo «Il Golfo magico. Ovvero Mozart e Napoli» evoca il celebre soggiorno del genio austriaco a Napoli, in compagnia di suo padre Leopold; nell’animo di Bahrami, affiora un velo di tristezza:
«Mio padre mi è stato strappato quando ero un ragazzo, assassinato dal regime di Khomeini, per la sola colpa di avere collaborato, come ingegnere, con il deposto scià di Persia. Assassinato senza onori di sepoltura – racconta il pianista, che però aggiunge – la privazione della sua presenza fisica ha rafforzato la sua vicinanza ideale, che ravviso sempre quando suono gli autori che mi ha insegnato ad amare, come Bach, Mozart e Beethoven».
Non figurano, però autori napoletani fra le preferenze, e Ramin precisa:
«Napoli sta alla grande musica come la Persia sta alla cultura occidentale, ne è ispirazione; nel Settecento questa era la vera capitale musicale d’Europa; Alessandro Scarlatti e tutta la Scuola Napoletana hanno dato tanto ai musicisti di area tedesca. Cosa sarebbe la musica senza la “sesta napoletana”?».
Grandezze del passato e sofferenze nel presente accomunano popoli che hanno dato i natali alla grande cultura occidentale:
«È vero, ma devo con dispiacere constatare come quel sentimento di accoglienza che ho incontrato quando sono arrivato in Europa, oggi si sia fortemente affievolito. C’è sempre minore disponibilità a comprendere, a dialogare con chi provenga da paesi diversi anche se distanti pochi chilometri – osserva il musicista – il sangue versato in Ucraina vale quello versato in Iran, come in Afghanistan o in Siria o in Africa;  ovunque, e in ogni luogo, però,  la musica è capace di parlare la stessa lingua, perché scorre dentro l’uomo come il suo stesso fluido vitale. Occorre fermarsi e ascoltare, ascoltarsi».
L’evento al Trianon è dedicato ai medici impegnati tra mille difficoltà in Iran; il pianista, con grande disponibilità e con parole che evocano frasi del “Poverello di Assisi”, rivela:
«Sì, prendersi cura del corpo di un altro essere umano è una missione nobile, ma nel paese in cui sono nato è diventato difficile; inoltre il regime decide chi possa essere curato e chi non. Io ho avuto la fortuna di scoprire al primo insorgere, la patologia degenerativa che mi accompagna (Sclerosi Multipla, ndr) e che tengo a bada grazie ai medici tedeschi. Io la chiamo “amica malattia”.
Sono cristiano e sento, che l’amicizia come la fratellanza, debba essere estesa a tutto ciò che di animato e inanimato ci è stato donato».
La democrazia in Iran è stata spazzata via, ma il musicista ci offre una lettura della condizione femminile che potrebbe sorprendere:
«Le donne in Iran godono, tra virgolette, di maggiori diritti rispetto alle sorelle di altri paesi dell’area mediorientale come l’Afghanistan dei talebani, pur subendo repressioni e violenze; la condizione è più stridente perché in Persia già ottomila anni fa la donna poteva raggiungere posizioni di potere. Ecco perché le  iraniane male sopportano, anche nell’abbigliamento,  imposizioni che percepiscono estranee alla loro cultura, che è ben più antica dell’Islam».
In quale modo impegnarsi per migliorare il futuro del mondo, il musicista lo rinviene ancora nella musica e a quest’arte attribuisce una patria:
«L’umanità ha bisogno di un nuovo illuminismo, rielaborato in chiave moderna. Così come nel Settecento suoi filosofi ispirarono la Rivoluzione Americana e quella Francese, nel prossimo futuro Napoli può tornare ad essere culla di una nuova democrazia; può esserlo perché il suo popolo sa dialogare con la musica, con una capacità che non ha mai smarrito, che nessuna dominazione ha mai messo a tacere. Ne sono convinto».

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