A Bologna Musica Insieme a …Luigi Piovano

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Se insieme vuol dire incontro, unione, compattezza, reciprocità, lo scorso 8 Maggio il concetto di Musica Insieme è sembrato elevarsi al cubo nel progetto cameristico di Luigi Piovano. Non è un fatto né linguistico né matematico, ovviamente, ma un più puro e adamantino impatto emotivo.
Fatto è che la musica nasce per mettere assieme elementi diversi e uguali. Le note, ad esempio, una dopo l’altra in una melodia o sovrapposte in un rivolto. Oppure i timbri dei vari strumenti, le sezioni di un gruppo cameristico o di una grande orchestra. Musica è mettere assieme elementi effimeri – suoni – che nascono e muoiono in aria in un istante, lasciandosi dietro una scia di invisibile emotività. Ma anche musicisti e, estendendo al pubblico, persone.
Insieme a Luigi Piovano – primo violoncello dell’Orchestra di Santa Cecilia – altri sette eccellenti solisti. Ai violini la bravissima Grazia Raimondi che ha sostenuto con sicurezza il peso della concertazione, Riccardo Zamuner, direttore artistico dei Virtuosi di Sansevero, Vincenzo Meriani violinista del Quartetto Felix e Ivo Margoni. Alle viole, Francesco Fiore storico membro del celebre Quartetto Accardo e per anni prima Viola dell’Opera di Roma e dell’accademia di Santa Cecicilia e Andrea De Martino. Al fianco del deus et machina della serata, Ludovica Rana al violoncello. Mettere insieme la sensibilità, la personalità e l’estro di 8 solisti non è cosa da poco, farlo con un progetto originale men che meno.
Partiamo dalla fine, dal bis, da quell’Aria dalla terza Suite in re maggiore BWV 1068 di Bach, nelle intenzioni di Piovano una preghiera. Se da un lato è il più classico dei cliché, un brano quasi dovuto per una formazione d’archi, dall’altro è stata una rivoluzione.
L’esecuzione ha giocato fino ai limiti dinamici più estremi. Più che suoni, bisbigli intrecciati di una preghiera laica e accorata. Non senza la difficoltà dei vari musicisti di orchestrare e concertare un gesto di non banale delicatezza acustica. Se questo canto accorato è il senso del suo insieme – va più che bene.
L’indirizzo musicale è stato chiaro fin dal principio. L’esecuzione del sestetto Souvenir de Florence di Cajkovskij è un acquerello di un paesaggio ampio a tinte tenui. Ne sono un esempio i passaggi in pianissimo del primo movimento o le meravigliose melodie di violoncello e violino dell’adagio cantabile. L’approccio vira su tinte più nette con l’ottetto di Mendelssohn in Mi Maggiore Op.20. Il suono diventa più vigoroso e l’interazione delle varie parti lascia più spazio al singolo musicista senza sacrificare l’interazione tra le parti. Bello e ottimamente interpretato.
Con otto solisti sul palco il rischio di assistere ad uno sfoggio di tecnica con interpretazioni al limite del funambolico e scintille dagli archetti era più che concreto. Fortunatamente Il concetto di insieme ha prevalso sulla celebrazione dell’individuo, attraverso l’esperienza singolare di ciascun musicista. L’unicità nella moltitudine: in musica funziona, ma la musica è l’arte di mettere assieme le cose. Speriamo non solo quella.

Ciro Scannapieco

Foto Riccardo Piccirillo

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