Igor Esposito riscrive l’Orestea in «Radio Argo Suite»

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«Nel mondo, si sa, del vincitore si ricordano solo le vittorie. E lui solo due cose ama: il potere e il comando. Di giorno.
Di notte, le carni umide della sua nuova giovane fiamma, Cassandra, di cui già tutti quanti ora parlano. Sembra fatto apposta. Ieri pioveva. Oggi c’è il sole ed è difficile battere la testa come forse ora batte forte il cuore di Clitennestra, che aspetta suo marito che torna. E il suo ritorno è musica per la città. Funzionerà o andrà tutto a puttane?
Chi può dirlo? Io so solo che ieri pioveva e oggi c’è il sole».

L’attacco del monologo è duro e scevro da edulcorazioni liriche. La parabola del potere si svela in tutto il suo intreccio di inganni mascherati da democrazia.
Stiamo parlando di “Radio Argo Suite”, atto unico di Igor Esposito in scena al Teatro San Ferdinando dal 31 al 5 novembre, per il quale il drammaturgo partenopeo riscrive l’Orestea di Eschilo, affrontando il tema attualissimo della guerra che il potere scatena sulle vittime innocenti di ogni tempo.
Accompagnato in scena da due bravi musicisti, che eseguono le musiche di Massimo Cordovani, Giuseppe Mazzotta smaschera la falsità del tiranno affrontando la storia di Ifigenia, Egisto, Clitennestra, Agamennone e Cassandra. Gli è di aiuto un testo di grande potenza narrativa che consente all’attore calabrese di calarsi nelle vesti dei personaggi epici «Per spiegarci – come lui stesso dice nelle note di scena – l’arcano passato da cui veniamo e il tragico presente in cui navighiamo».
La voce di Mazzotta risuona stentorea da Radio Argo per raccontare la guerra di Troia e, simbolicamente, tutti i conflitti pianificati per decidere le sorti di chi quelle guerre non vuole.
La narrazione si muove incalzante nella splendida interpretazione di Mazzotta in un crescendo di recitazione e musica che obbediscono entrambe a “una dura partitura con una forte vocazione libertaria e ribelle”.
Finalista al Premio Calvino e al Premio Pergola Teatro della Toscana, Igor Esposito conferma con questo suo lavoro la capacità di intelligere la realtà con un linguaggio duro e capace di risvegliare le coscienze anestetizzate da una comunicazione manipolante e omologata.
Il drammaturgo napoletano riesce, così, a rappresentare le passioni al di fuori del “polically correct” con un testo devastante nella sua nuda verità.
E non risparmia una critica severa alla cultura dominante.

Quella del politically correct sembrava una voga tutta americana, quando il critico Robert Hughes la fustigò nel sarcastico pamphlet del ’93 “La cultura del piagnisteo”.
Ma oggi anche sulla vecchia Europa spira una torva ventata d’ipocrisia, un moralismo neo-bigotto che, non pago di censurare il lessico quotidiano, invade pesantemente la dimensione estetica, insidiando quella libertà d’espressione che gli scrittori e gli artisti si sono faticosamente conquistati nei secoli nel sempre controverso rapporto con i poteri dominanti e i mutevoli idoli della tribù.

Il grido di allarme è legittimo, come pure la necessità di dire “NO alla guerra” risulta ancora più impellente per chi al rumore delle armi preferisce il suono del mare.
Franco Milone

Al Teatro San Ferdinando dal 31 ottobre al 5 novembre
biglietteria@teatrodinapoli.it
tel. 0815513396

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