Al Teatro Genovesi «Stato contro Nolan (un posto tranquillo)» di Stefano Massini

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Domenica 21 gennaio 2024. Il quindicesimo Festival Nazionale Teatro XS Città di Salerno 2024 parte con il benvenuto della Compagnia dell’Eclissi, diretta da Enzo Tota, in scena al Teatro Genovesi, e fuori concorso, con l’ultimo suo allestimento.
Si tratta dell’omonimo testo di Stefano MassiniStato contro Nolan (un posto tranquillo)” per la regia di Marcello Andria, un intreccio avvincente e sfidante, pieno di sfaccettature interpretative ed innervato di temi di grande attualità.
Le nostre fragili democrazie, attraversate da inquietudini nuove ed antichi timori, sono assediate da fenomeni sempre più complessi e di varia natura, purtroppo sempre meno controllabili e poco trasparenti. Lo spettacolo, però, ha il merito di essere un viatico proprio per giorni complicati, perché si appella al senso di responsabilità e all’esercizio critico proprio di ognuno, esortandoci al ragionamento ed all’indagine, sempre e comunque, nonostante i pericoli della disinformazione. Siamo nella contea Leister degli Stati Uniti, metà degli anni ’50, una condizione di vita che nella sua apparente semplicità contiene già in nuce tutte le contraddizioni ed i pericoli che esploderanno con forza nella società contemporanea.
Un territorio a vocazione agricola, tradizionalista e di fede anabattista, dove il direttore del giornale locale Herbert Nolan è accusato di disinformazione e manipolazione di una notizia a scopi puramente privati, il caso è quello di un anziano che ha ucciso con quattro colpi di fucile un vagabondo, convinto stesse insediando la nipote. Il Leister Telegraph lancia la notizia attribuendo al vecchio la presunzione della legittima difesa, ma si è trattato davvero di legittima difesa o, piuttosto, di uso sconsiderato di un’arma?
Il panico cresce tra gli abitanti della contea che decidono di armarsi, a scopo di difensivo, acquistando fucili dalla locale industria che aumenta, in questo modo, i suoi profitti.
Tra false verità e disinformazione, conflitti di interesse e favori intrecciati tra media ed industria delle armi, si scoprirà che dietro il fatto di sangue si muovono interessi molto più oscuri, il direttore del giornale, guarda caso, è anche un azionista della società “Weiss & Co. Armi da fuoco“. Il processo ha il compito di accertare la verità, ma l’imputato non è il vecchio, morto pochi giorni dopo il fatto di sangue non avendo retto l’impatto di un’inattesa onda mediatica; la pubblica accusa cioè il procuratore distrettuale, una donna molto grintosa e determinata, cercherà di fare emergere la verità e di inchiodare, nel processo, il corrotto direttore attraverso la scoperta dei rapporti poco trasparenti tra l’informazione e gli interessi economici della società. 

Infatti vengono a galla, oltre al conflitto di interessi del direttore, anche il clima sociale avvelenato e pieno di paura montato grazie ad una campagna di informazione viziata e distorsiva.
La trama è ricca di una dialettica processuale caleidoscopica.
I testimoni depongono, in un ritmo avvincente di dialoghi che, strizzando l’occhio al genere cinematografico, generano suspance ed attesa nel pubblico. Si resta affascinati dal gioco verbale e dalla dialettica tra accusa e difesa, mentre allo spettatore si chiede poca distrazione e di andare oltre le più ovvie apparenze.

Sotto accusa è l’informazione utilizzata come strumento per manipolare la realtà attraverso la disinformazione e la distorsione delle notizie. E, si badi bene, non siamo ancora ai livelli della ridda mediatica di oggi, dove il pluralismo dell’informazione non è sempre garanzia di maggiore informazione.
Il potere della parola è invece enorme, il suo uso abile e cinico ha una carica di seduzione capace di incantare il lettore, siamo ancora in un’era di giornalismo cartaceo, ma anche di deformare il giudizio se retto da prospettazioni volutamente distorte o diversamente indirizzate. I fatti di quel 12 luglio del 1956 hanno reso quel posto tranquillo, come si legge sul cartello della strada statale, al confine con l’altra contea, un posto ben diverso, dove monta la paura di di altri episodi violenti e cresce la voglia di correre ai ripari. Eppure era un uomo vestito con abiti logori e con una valigia mezza sfatta quello che arriva all’altezza della fattoria Robichaux, ha sete e chiede da bere alla giovane ragazza avvistata nel cortile, cioè Else la nipote del vecchio patriarca.
La giovane, impaurita forse per un equivoco o per un gesto frainteso, reagisce con un grido di paura, ed il vecchio svegliato dall’urlo, avvistando da lontano la scena, non esita a prendere a fucilate lo sconosciuto e ad ucciderlo, convinto di difendere la nipote da un presunto sopruso.

Il giornale locale, intanto, titola a caratteri cubitali «Salva la nipote: ucciso uno sbandato” ed il fatto, testualmente così viene spiegato: “colto un ignoto nell’atto di svestire con la forza la giovane nipote, il decano dei Robichaux mostrava nervi saldi, freddandolo con un fucile Weiss».
Il giornale segue con prontezza e morbosità il processo, gli antefatti narrati emergono dalle deposizioni e dalle arringhe processuali, mentre sulla scena di un aula di tribunale si muovono il Giudice Rutheford (Felice Avella) che si rivolge ai componenti della Giuria, idealmente seduti dove è seduto il pubblico, chiamandoli a valutare quanto maturato dopo il delitto.
In basso, da un lato siede la pubblica accusa cioè il Procuratore distrettuale Eleanor E. Miles (Marica De Vita) e dall’altro l’imputato Herbert Nolan (Ernesto Fava), direttore del locale quotidiano, con affianco il suo legale Avvocato Nathan (Enzo Tota).
La domanda, intanto, è se i fatti riportati dal giornale rispecchino o meno i fatti realmente accaduti?
La reazione del patriarca è legittima difesa o abuso di arma da fuoco?

E il giornale, come ha trattato la notizia?
La scrittura sensazionalistica e la sua probabile sovraesposizione hanno contribuito ad aumentare le vendite del giornale, e fin qua nulla da obiettare.

Ma se la cosa ha scatenato nella contea anche una massiccia dose di paura come la mettiamo? Un dato è certo, si registra l’aumento della vendita di fucili della marca Weiss a cittadini oramai impauriti, convinti così di difendere famiglie e proprietà.
La causa allora ha una natura commerciale. Infatti, se le vendite di fucili sono raddoppiate in un anno, ed il direttore Herbert Nolan, già direttore del giornale, è anche proprietario di quote societarie di quest’azienda, i fatti devono considerarsi collegati o collegabili, oppure sono soltanto innocenti coincidenze?
Il legittimo sospetto che la paura diffusasi tra gli abitanti della contea sia frutto di un disegno più pervasivo e nascosto non è del tutto peregrino. Gli articoli del giornale, in questa situazione, sono mera espressione di un dovere di cronaca oppure si configurano come promozione occulta dei fucili Weiss? Per quest’ultima ipotesi militano gli interventi appassionati del procuratore distrettuale, mentre cresce la domanda sul ruolo dell’informazione e sulla sua capacità di manipolare l’opinione pubblica. Le testimonianze di Else Robichaux (Gerarda Mariconda) chiamata a raccontare come sono andate veramente le cose, del giornalista Paul Kapinski (Alfredo Marino) autore sia dell’articolo iniziale che dei successivi, della maestra della contea Dorothy Trevers (Lea Di Napoli) e del Pastore Abel Edgard (Maurizio Barbuto) tra insidie e strategie processuali, attivate brillantemente dall’accusa e dalla difesa, arricchiscono il quadro dei diversi punti di vista.
Il proprietario della fabbrica di fucili Norman Weiss (Marco De Simone) e l’imputato Herbert Nolan (Ernesto Fava) sono ascoltati per ultimi e, tra le scaltrezze oratorie delle parti contrapposte, è la “parola” ad essere la vera protagonista dell’intreccio, oltre alla paura parola chiave di lettura dell’imputazione – diffondere paura per propri interessi personali.

La “parola” e l’uso che se ne fa, sia nella stampa che nella valenza argomentativa del processo, sono quindi un importante fattore su cui riflettere, mentre il conflitto d’interesse nell’informazione, il rapporto tra stampa e potere politico, sono ulteriore materia incandescente, rispetto alla quale lo spettatore difficilmente può chiamarsi fuori.
Infatti il messaggio forte è che non si può aderire, passivamente, a posizioni precostituite ma occorre adoperare sempre un giudizio critico e aperto alla verifica. Lo spettacolo è stato molto applaudito, con interpretazioni calibrate e coerenti da parte degli attori, abilissimi rinnovatori di quel gioco alchemico tra compagnia, interpreti e personaggi, che rende così magico il teatro; elevata la maturità attoriale dei più veterani, ma anche gli attori più giovani si sono ben amalgamati nell’insieme.

La puntuale regia di Marcello Andria, dalla forza maieutica e dallo stile essenziale ed elegante, è stata un prezioso collante per l’affiatamento del gruppo, ed ha restituito, al meglio, la scelta di parole complesse e significative, conferendo altresì al luogo teatrale la tensione di uno scambio ideale e umano necessario a sedimentare una durevole traccia nello spettatore.
Un mix di ingredienti vincenti, non ultima anche l’appropriatezza dei costumi curati da Angela Guerra e le scene curate da Alfredo Marino e Emanuela Barone, oltre all’innesto delle musiche originali ad opera di Marco De Simone, per uno spettacolo che fa luce ed illumina la funzione del teatro, quella di essere anche luogo di incontro, di dialogo comune e di condivisione. Ma anche un’occasione per ritrovarsi a riflettere sulle minacciose instabilità della società che ci circonda e cui siamo chiamati, ognuno, a contribuire con scelte responsabili e chiare opzioni di campo.
Occorre allora non perdere capacità di ragionamento ed immaginazione, e quindi reagire ritrovando etica nel procedere ed onestà intellettuale di giudizio. Il pubblico, sicuramente, si è sentito partecipe dell’alchimia e di un’opportunità che fa riflettere ed innalza il pensiero, spingendo oltre il conformismo. Suvvia, signori, sentiamoci davvero comunità e mai gregge.
Gli applausi a scena aperta hanno testimoniato il gradimento del pubblico, per quanti non hanno potuto assistere vale la pena di tenere occhio la programmazione del Teatro Genovesi, ci saranno altre repliche sicuramente.
E ne varrà la pena! Intanto appuntamento è per domenica 4 febbraio 2024, sempre alle ore 19,00, si parte con il primo degli spettacoli in concorso.

Marisa Paladino

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