Napoli svelata: gli scugnizzi 40 anni dopo

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Eravamo alla fine degli anni 70 e il bravo Giuseppe Marrazzo suggellava con un’inchiesta di “Tg2 Dossier” la realtà di scugnizzi e sciuscià napoletani.
Dopo 40 anni, Franco Cutolo, regista e attore, ha remato a ritroso nel tempo andando alla ricerca di quei piccoli protagonisti. Quei personaggi intervistati da Marrazzo sono oggi adulti che Cutolo ha recuperato, con non poche difficoltà, riportando la loro memoria a quei tempi.
Quegli uomini/bambini erano dediti agli scippi ed erano abili borseggiatori. I modelli di allora, però, non erano Tony Colombo e sua moglie. Non si rubava per ostentare ricchezza ma semplicemente per sopravvivere.
La vita li ha travolti, piegati e resi consapevoli che le scelte sbagliate si pagano duramente. I ragazzi di strada rappresentano uno spaccato di quella società che viveva ancora di valori genitoriali forti nonostante la povertà. Emoziona sentirli raccontare le loro storie che sanno di un’infanzia negata. La signora cinquantenne che aveva raccontato a Marrazzo di non voler giocare perché si annoiava, oggi ammette che quelle bambole le sarebbero piaciute.
La Napoli di Cutolo svela anche un’altra faccia della città: quella di “Vernissage 1607” che inquadra gli aristocratici protagonisti di un film dedicato al caravaggesco “Le sette opere di misericordia”. È un mondo surreale fatto di persone che recitano la loro parte: quella di una classe napoletana che autocelebrava il suo potere.
Franco Cutolo lo ammette chiaramente. “La mia Napoli si contrappone alla Napoli velata di Ferzan Ozpetek la cui narrazione filmica è tipica di una sinistra radical chic”. “E’ il mondo che detesto – dice Franco – quella borghesia che ostenta un’aura illuminata, sfila per la Palestina e per le minoranze ma, gratta gratta, è più conservatrice della destra”.
Un altro quadro è dedicato al mondo della prostituzione transgender: una descrizione realistica di un mondo che, svincolato da ogni pseudodivismo, contrappone il femminello di allora alla drag queen da Tiktok alle prese con i concorsi di bellezza. Ognuno, però, nella consapevolezza di difendere una condizione vissuta con dolore ma nella ricerca della dignità.
È, in definitiva, un lavoro realizzato senza condizionamenti di produttori o di sponsor politici in cerca di consensi. E questo appare evidente dalle immagini che raccontano una Napoli fatta ancora di tante ombre.
Paradossalmente quella luce negata viene da un giovane non vedente che, dall’alto di Castel Sant’Elmo, legge in caratteri Braille su un corrimano di acciaio, la descrizione delle bellezze del golfo che non può vedere.
È in questo ossimoro che si racchiude la verità di un racconto vero e pregnante.

Francesco Milone

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