Malofeev è uno dei più interessanti pianisti della nuova generazione

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Che ogni musicista metta se stesso nelle partiture che interpreta lo abbiamo ripetuto più volte. Soprattutto i pianisti che hanno la fortuna di suonare quel prodigio meccanico chiamato pianoforte.
Un marchingegno settecentesco che permette di riprodurre suoni che si estendono (nelle sole fondamentali) dai circa 27Hz agli oltre 4000 Hz.
Un’estensione incredibile, come un prato così grande da non vederne i confini. Sarebbe facile perdersi.
Ma ogni volta che siamo in sala ad ascoltare l’ennesimo talentuoso interprete, questa vastità sembra trovare sempre un percorso di sintesi. Ed è sempre originale.
Questa volta, però, Alexander Malofeev, presentandoci un programma apparentemente incoerente (al limite dello strampalato) non ci rende il compito semplice. Perché, tenere assieme Händel e Skrjabin e poi chiudere con Chopin è come mettere sul tavolo di tutto un po’. Di contro, di Malofeev si dice già così bene che non potevamo avere almeno il beneficio del dubbio. Il concerto proposto dalla Fondazione Musica insieme lo scorso 6 Maggio ci ha chiarito le idee.
Fino a qualche anno addietro era consuetudine raccomandare al concertista in formazione lo studio del barocco, essenziale a conoscere i misteri della tastiera, per poi sconsigliarne la pratica pubblica. Come sempre più spesso accade, anche questo tabù sembra esser stato sgretolato da questa generazione di audaci virtuosi che hanno iniziato a frequentare le partiture settecentesche con molta libertà. In questo solco si inserisce la coraggiosa interpretazione di Alexander Malofeev, che ha arricchito le partiture barocche di un sentimentalismo post-romantico molto ammaliante.
Il programma ha previsto la Suite n. 1 in si bemolle maggiore HWV 434 di Georg Friedrich Händel, seguita dal Ground in do minore ZD 221 di Henry Purcell. In successione la Passacaglia in sol minore di Georg Muffat ed in conclusione il Concerto n. 2 in la minore per organo solo (da A. Vivaldi) BWV 593 di Johann Sebastian Bach nella trascrizione tardo-romantica di Samuel Feinberg.
Come detto, il ventiduenne russo ne esce molto bene. Il suo fraseggio è limpido, elastico, con trilli che rimbalzano sulla tastiera fulgidi ed un utilizzo del pedale che orna la partitura di pathos.
Agli scandalizzati – se ce ne fossero – basterebbe ricordare le molte trascrizioni di partiture barocche eseguite in periodo romantico.
In fondo, era tradizione ottocentesca frequentare temi del secolo precedente con un animo nuovo. A giudicare dagli applausi, il pubblico ha apprezzato.
Seguendo un climax ideale, l’apogeo si è toccato nella seconda parte dell’esibizione, dove  Malofeev pesca da un repertorio più familiare.  Molto variegato il programma, che prevede i Morceaux de fantaisie op. 3 di Sergej Rachmaninov, i Due Pezzi per la mano sinistra op. 9 di Aleksandr Skrjabin e, finale maestoso, l’Andante spianato e Grande Polacca brillante op. 22 di Fryderyk Chopin.
I suoi romantici sono connessi al barocco dal medesimo spirito esecutivo ma con qualcosa in più. Sebbene gli elementi tecnici siano gli stessi, con linee melodiche fluide e plastiche, condite da abbellimenti e trilli che rimbalzavano elastici sull’avorio della tastiera, la lettura della partitura è sembrata maggiormente interiorizzata e meno votata al sensazionalismo.
Nonostante i soli 22 anni, Malofeev ha suonato i suoi romantici con molta profondità, facendo emergere i diversi livelli compositivi. Il successo è sancito da un lungo tripudio di applausi e ben quattro bis ( La Fata Confetto di Tchaikovsky – lo Schiaccianoci nella trascrizione di Mikhail Pletnev, la Toccata di Prokofiev e Canzone Serenata Medtener).
In definitiva, il più grande merito del pianista è stato di esprimere coerenza all’interno di un programma bipolare, a riprova che gli artisti di carattere si specchiano in ogni musica suonata.
Potremmo obiettargli un non pieno rispetto per la partitura, ma sarebbe inopportuno e ingeneroso a fronte della qualità musicale ascoltata.
Avrà tutta una vita artistica davanti per approcci più rigorosi. E poi, chi mai vorrebbe sentire un giovane artista che suona come un attempato maestro. Sai che noia! A questo punto del percorso è tutto giusto questo. Malofeev è uno dei più interessanti pianisti della nuova generazione. Ad maiora.

Ciro Scannapieco

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