The melancholy of exile, the power of music

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C’era non tanto tempo fa un luogo (ce ne sono altri ma vogliamo parlarvi di questo) in cui gli uccellini erano spariti dagli alberi tra le macerie, non vi diciamo perché, ma chi conosce i crampi della fame può immaginarlo. C’era non tanto tempo fa un luogo dove le ferite le ricuciva il carpentiere, perché i chirurghi mancavano. C’era non tanto tempo fa un luogo dove tra terrore e sofferenze, che noi consumiamo in immagini al caldo delle nostre mense imbandite, spinto da un punto all’altro (per evitare colpi di mortaio) girovagava un pianoforte ed un artista che tentava in quell’inferno, di rincuorare i superstiti stremati dall’assedio delle truppe di Assad, dai jihaidisti, dai bombardamenti e dalla penuria di cibo, acqua, farmaci… C’è stato un giorno in cui Zeina Hashem Beck, poetessa libanese, dedica al pianista i suoi versi: “Suonaci una musica che parli di briciole di pane, uomo triste, suonaci una nota per il sonno, un’altra per gli uccellini degli alberi mangiati dai bambini per fame… Qui non ci sono sale da concerti, solo dita intirizzite, cani scheletrici. Perciò inventa un’allegra canzone araba, affinché possiamo morire, come gli uccellini che abbiamo mangiato, cantando, cantando”. C’è stato un giorno nel 2015 che i jihadisti del gruppo dello Stato islamico sono entrati nel campo e hanno bruciato il pianoforte e a quel punto il giovane cantore ha percorso a piedi, tra mille insidie, i tantissimi chilometri che separano Damasco da Berlino. In Germania ha trovato rifugio in un vecchio motel abbandonato, dove c’era un pianoforte e ha ricominciato a fare ciò che faceva, ricevendo tra l’altro il Premio Beethoven, per il suo impegno in favore dei diritti umani. La musica diventa atto di resistenza, bellezza pacifica da opporre allo squallore, alla brutalità e al nulla consequenziale alle distruzioni e alla ferocia, un pianoforte ed il suo cantore non cambieranno lo status quo, però Aeham Ahmad noto in tutto il mondo come il leggendario pianista di Yarmouk, campo profughi palestinese alle porte di Damasco, continua ad essere impegnato per i diritti umani, continua a testimoniare la speranza per il suo popolo, ma non solo, continua a credere e a volere un mondo che dimentichi l’orrore e l’odio, che prosperi nella pace. Non a caso nell’agosto 2016 è uscito il suo primo album titolato “Music for hope”, composto da 18 tracce che raccontano il dramma della guerra in Siria attraverso una musica “classica”, dallo stile pienamente occidentale, armonicamente congiunta con i versi e la melodia del canto arabo.
Per la prima volta in Campania venerdì 8 dicembre 2017 al Teatro Augusteo di Salerno, nell’ambito della XXII edizione di Linea d’Ombra Festival Aeham Ahmad ha portato in scena la sua musica, le sue parole e la sua storia. Noi ci fermiamo qui dicendovi che le sue mani corrono agilmente sulla tastiera, da virtuoso, ma è il suo canto in questa lingua tutta aspirata eppure dolce e dolente a trasmettere la malinconia dell’esilio, il dolore, la tristezza e la speranza di un mondo diverso. Un canto potente, emozionante, e ci piace ascoltare quest’uomo, questo artista pacificamente convinto che “noi possiamo cambiare il mondo attraverso il potere della musica”.

Dadadago

Foto Emanuele Ferrigno ©

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