“La tela degli Svizzeri” ovvero l’avventura del tessile a Nocera e nel salernitano

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“La Tela degli Svizzeri” Ed. Ippogrifo (2018) un libro che come chiarisce il sottotitolo racconta l’avventura del tessile a Nocera e nel salernitano, tra l’inizio dell’Ottocento e la prima metà del XX secolo, fino al suo declino. Angelo Verrillo, una lunga militanza nelle file del PCI e della sinistra nata dalla svolta della Bolognina, oltre che appassionato di storia locale e del movimento operaio, ci racconta la fortunata stagione dell’imprenditoria elvetica in Campania. E’ un libro-intervista ed a dipanare la tela c’è Gigi Di Mauro, giornalista e direttore della storica testata “il Risorgimento Nocerino”, oggi in versione online, con domande che hanno consentito all’intervistato di tracciare un affresco della vita di questi svizzeri che vennero a vivere in Campania, narrando di un capitalismo familiare e di relazione, in cui spesso le quote societarie erano possedute da soci imparentati tra loro, ma anche di uomini determinati negli affari e tenaci nel lavoro. Spontanea la domanda, perché questa imprenditoria svizzera è venuta ad investire alla Corte di Gioacchino Murat prima, e di Ferdinando I di Borbone poi? Quali sono stati i rapporti tra questi i imprenditori ed i banchieri dell’epoca, primo tra tutti il tedesco Federico Augusto Gruber? Quale fu l’impatto che questi capitalisti ebbero sulle comunità locali? Il libro risponde a tutte le domande, tratteggiando anche, secondo un percorso cronologico, le storie dei singoli imprenditori. Lo zurighese Giovan Giacomo Egg nel 1813 fondò la prima fabbrica a capitale svizzero a Piedimonte d’Alife, avendo scoperto che la bambagia veniva prodotta in abbondanza nelle terre campane. Giovanni Giacomo Meyer, un suo collaboratore, investì con Giovanni Rodolfo Zollinger a Scafati, portando lo stabilimento ad occupare oltre 1.500 operai, il colera nel 1937 e l’inondazione del fiume Sarno nel 1851 fecero entrare nel capitale dell’azienda un nuovo socio Rodolfo Freitag. Intorno al 1850 anche imprenditori tedeschi, con gli stabilimenti del gruppo Filanda in Partecipazione facenti capo a Giulio Aselmeyer, divennero strategici controllando tre quarti dell’intera produzione tessile dell’Italia meridionale. Davide Vowiller determinerà, invece, l’avvio dello stabilimento a Ponte della Fratta, nel comune di Baronissi, producendo filati che reggeranno il confronto con i migliori prodotti inglesi di Manchester e di Liverpool. La parte centrale del libro è riservata all’insediamento dello stabilimento a Nocera nel 1875 ad opera di Alfonso Escher, ingegnere dal carattere rigoroso e molto dedito all’azienda. Un uomo interessato alla formazione delle maestranze, ma capace anche di aiutare gli operai nelle loro difficoltà private. Abilità e fiuto imprenditoriale caratterizzano anche Federico Alberto Wenner, capostipite di una famiglia che intrecciò molto i suoi destini con quelli del comparto tessile nel salernitano. Don Alberto Wenner entra con propri capitali nel 1833 nella società Zueblin e Vonwiller, dimostrando doti umane e professionali tali da conquistarsi la fiducia di quest’ultimo a Salerno, meccanizza l’intera tessitura di Angri e costruisce sull’Irno la prima stamperia meccanica. Gli azionisti del gruppo riescono a dividersi dividendi superiori al 12%, nel 1851 i prodotti di queste aziende vengono con successo portati alla prima esposizione mondiale di Londra. La scrittura piana e scorrevole appassiona, mentre incuriosiscono gli aspetti di una storia meridionale ancora poco nota al grande pubblico, il testo è agile, circa cento pagine, ma denso e documentato, in appendice si segnalano disegni che ritraggono i protagonisti, in aggiunta a foto d’epoca. E Nocera come mai fu scelta per insediare il cotonificio di Via Napoli? Le ragioni storico-sociali vengono spiegate nel libro, con lo stabilimento completato nel 1882, aperti tutte e tre i reparti di filatura, ritorcitura e sparatura, sarà teatro delle prime mosse del locale movimento operaio. Il 1860 con l’annessione del meridione al Regno Sabaudo porterà sconvolgimenti, anche se l’industria cotoniera salernitana saprà resistere alla politica liberista piemontese. Fattori internazionali come la guerra di secessione americana (1861-1865) interrompe le importazioni di materia prima d’Oltreoceano, favorendo la produzione campana, mentre la disponibilità di capitali da investire in progetti di riorganizzazione rimanda quella crisi che colpirà il settore tra fine ‘800 ed inizi del XX secolo. Roberto Wenner prosegue in una politica di concentrazione ma, a conflitto terminato, prima i tedeschi, poi gli industriali elvetici, saranno vittime del crescente clima anti-tedesco. Lo Stato attraverso la Banca Italiana di Sconto nel 1917 acquisterà la maggioranza delle azioni della Società anonima Cotonifici Riuniti di Salerno nelle mani delle famiglie Wenner e Schlaepfer. Nel 1918 lo stesso istituto acquisisce le azioni delle Manifatture Cotoniere Meridionali Roberto Wenner creando la Società anonima Manifatture Cotoniere Meridionali. Il diretto intervento della mano pubblica, cioè dell’IRI e dell’ENI, non fermerà il declino dell’industria tessile oramai irreversibile, le nuove aziende accumuleranno perdite e la nuova governance di nomina pubblica non garantirà i risultati attesi. A Nocera, intanto, la crisi che nel 1959 porterà 800 licenziamenti, con il ridimensionamento e la successiva scomparsa del cotonificio da Via Napoli, per Angelo Varriale questo segna un “passaggio d’epoca” che favorirà gli interessi speculativi legati alla “cementificazione della città”, dopo pochi anni nel ’63 Francesco Rosi firmerà un film sullo scempio edilizio a Napoli, queste realtà sono in quegli anni comuni a molte nostre città. Anche l’industria conserviera non sarà capace di radicarsi sul territorio di Nocera, nonostante risultassero censite nel 1962 ben 23 aziende, ma per questa storia forse servirebbe un altro libro. Il nostro non chiude in maniera pessimistica. Ci dice che il futuro va guardato con gli occhiali della conoscenza e della riflessione sul passato, necessitando l’acume e la tenacia degli investitori, un’etica del capitalismo fondata su un modello di sviluppo sostenibile e solidale, di profitti reinvestiti e non solo intascati, di una visione che favorisca l’innovazione tecnologica e l’adeguata formazione dei lavoratori. Sono i preziosi insegnamenti di cui è disseminata l’avventura del tessile a Nocera e nel salernitano, ogni storia industriale di successo dovrebbe farli propri.

Marisa Paladino

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