“Sonetti al veleno”. Delitti in convento ai tempi dell’Inquisizione

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Un romanzo appassionante, la storia di Estrella de Barres, figlia di ebrei convertiti al cattolicesimo, e di una scia di delitti di non facile soluzione. “Sonetti al veleno” ed. 0111 (2019) di Emanuela Dal Pozzo si svolge ai tempi dell’Inquisizione spagnola che imperversa nella Spagna di Carlo V e il sospetto di stregoneria dilaga dappertutto.
La donna, anche lei sospettata, è in fuga dopo un periodo di eremitaggio in un ex-lebbrosario. Ha vissuto l’infanzia a Leon, dove la madre le trasmette la conoscenza delle erbe, raccolte selvatiche e di nascosto proprio per paura dell’accusa di stregoneria. E’ un caro ricordo per Estrelle, un sapere che affinerà anche dopo, tornandole utile in più di un’occasione.
La giovinezza è difficile e avventurosa, conoscerà la protezione paterna di Hernandez, l’insegnamento dell’arte erboristica grazie a Padre Pedro e l’incontro con Sara, ricca orfana del Convento delle Clarisse di Toledo, segnerà un tempo spensierato e mondano tra balli e feste. Un pittore dai riccioli rossi Inigo Consalves, scapestrato e in cerca di fortuna, le farà conoscere l’amore per l’arte, e non soltanto.
Ma il destino della giovane donna è “una fuga perenne da insidie e trabocchetti”, infatti, nel mirino dell’Inquisizione, fuggirà a cavallo verso Ubeda, in cerca di riparo. Frate Cesare, carismatico e conoscitore di erbe, incontrato per caso, la indirizzerà al Convento delle Madri della Misericordia. L’accoglienza lì è sospettosa, ma la sua istruzione le consentirà di sostituire una suora ammalata nella direzione del coro e di conquistarsi la fiducia del carismatico frate, grazie alla comune conoscenza dell’uso delle erbe. Intanto misteriose morti sconvolgeranno la quiete del convento che la ospita ma anche del Monastero dei frati di Santa Chiara, in una sequenza spaventosa e ricca di colpi di scena.
La suspence aumenta con il numero dei delitti, mentre anche tra Estrella e Fra’ Cesare, uniti nell’intento di arrivare al colpevole, crescono reciproci sospetti. José Lopez, un famulo a caccia di eretici riuscito ad entrare nel convento, sarà un altro sospettato. L’uomo, animato da promesse di fortune e privilegi, cercherà in tutti i modi di portare a compimento il suo incarico, consegnare un eretico all’Inquisizione, rendendo il clima sempre più torbido e pesante. Pugnali e avvelenamenti con l’aconito, una pianta altamente tossica che nel ‘500 circolava anche per le presunte capacità contro le punture degli scorpioni, un madrigale che non si trova, tre dei cinque delitti accompagnati da altrettante pergamene vergate con sonetti, dai versi inquietanti ed incomprensibili alla prima lettura, ulteriori ingredienti dell’intrigo. L’Abate ed il Priore del convento dei frati rientrano come sospettati, a ragione o torto si vedrà, in questo vortice di dubbi, mentre la biblioteca sarà lo scenario finale in cui si chiarirà chi è l’autore dei delitti e il filo conduttore in comune. L’autrice mescola la base di un romanzo giallo con un affresco storico che, seppure accennato, ha il sottile pregio di immergerci nell’atmosfera del tempo, nella disputa tra un’ ortodossia non scevra di contraddizioni ed un’eresia dissacratoria e antipapale.
I caratteri dei vari personaggi sono ben tratteggiati, rivelandosi non solo attraverso le azioni e le scelte, ma anche attraverso le accurate riflessioni, che rendono la lettura molto stimolante. Un conflitto continuo tra ragione e sentimento, tentazione e accettazione, razionalità ed esoterismo, sullo sfondo tra l’apologia del papato e le dottrine riformiste, in una fase storica dove l’uomo crede sempre nelle superstizioni e nella possessione del demonio, ma non si sottrae alle passioni e alle umane debolezze. Il destino della protagonista, infine, è un compiersi nella determinazione e nel coraggio, sia delle proprie azioni che dei propri sogni, infatti “i desideri rimangono tali solo in persone non determinate, incapaci di avventurarsi in un percorso che li abbia come traguardi”.
Il romanzo si legge velocemente e con la voglia di scoprire il mistero sulle morti dei frati e delle suore.
La trama è avvincente e mai scontata, l’intelaiatura di un gioco letterario intrigante dove lo stile è curato e scorrevole, mai noioso o banale, e la capacità descrittiva si coniuga con quella di affrescare l’anima del tempo.
Infine brevissimi cenni sull’autrice. Emanuela Dal Pozzo è una trevigiana, ha grande familiarità con la scrittura ed il teatro, in qualità di drammaturga e regista, cura anche la direzione del giornale on-line di critica teatrale e culturale traiettorie.org., questo è il suo secondo romanzo dopo “Il castello dei Chambleau”
(2007).

Marisa Paladino

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