Quando la banda passò…

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    Banda S.Cecilia di Molfetta

«Un settore vitale, fatto di vere conoscenze e competenze che si sta, pian piano sgretolando, sotto gli occhi di tutti gli addetti ai lavori, senza che nessun politico, nessun partito se ne sia fatto finora carico, proponendo possibili e concrete soluzioni per riaprire, ricreare e riappropriarsi delle ricchezze culturali sociali, base della nostra comunità e dell’identità nazionale italiana» è una frase dell’appello accorato lanciato da Gianpaolo Lazzeri Presidente di Anbima (Associazione Nazionale Bande Italiane Musicali Autonome, nella quale confluiscono, oltre alle bande, società filarmoniche, gruppi corali e folkloristici, complessi musicali strumentali).
Decine di clarinetti, flauti, piatti e grancasse rischiano ovunque di finire in soffitta, appesi ad un chiodo e con essi spartiti, opere e cassoni con tutte le attrezzature della banda musicale da giro  cui  davano vita  rinomati maestri.
Tra i settori che rischiano di essere annientati dall’emergenza sanitaria, l’universo delle bande musicali pugliesi lancia il suo grido d’allarme.
La situazione è piuttosto grave, più di un migliaio di professionisti e lavoratori stagionali che operano in  una filiera che vive soprattutto intorno a feste patronali e religiose e riti con cortei e processioni,  versano in serie difficoltà.
Già lo scorso maggio l’ Associazione Nazionale Bande da Giro, ANBG, costituitasi proprio per far fronte all’emergenza, e che,con sede a Molfetta, comprende 22 bande del centro sud Italia (di cui l’80% pugliesi, ognuna formata da circa 35-40 strumentisti), aveva chiesto maggiore attenzione per il settore rivolgendosi all’allora  Presidente Conte, all’ancora  oggi Ministro Franceschini, a tutti i Presidenti di Regione (dall’Abruzzo in giù) e ai Dirigenti regionali CEI.
Un grido di dolore che pare fino ad oggi essere rimasto inascoltato, così che l’ennesimo stop alle feste patronali e religiose sta facendo svanire le ultime speranze per l’avvio della stagione: se i comitati organizzatori si fermano e le diocesi non vogliono prendersi responsabilità, la situazione pare farsi davvero preoccupante.
Benedetto Grillo, Presidente di ANGB e direttore inoltre della banda di Bisceglie, in una nota al Presidente del Consiglio Conte (peraltro pugliese) si è fatto portavoce di alcune istanze: «I professionisti dello spettacolo dall’inizio della pandemia pagano il tributo più alto in termini di lavoro perduto e di mancato guadagno. A ciò si aggiunga che, l’avvento della cosiddetta fase due ci ha costretti alla riprogrammazione della stagione artistica 2020-2021 (cominciando con notevole ritardo), riprogrammazione che ci ha costretti ad investire senza ritorno, per operare nel rispetto della vigente normativa sanitaria».
Senza contare che c’è chi come Pino Minafra (direttore artistico del Talos festival di Ruvo) continua a predicare da anni un riconoscimento alla dignità culturale e identitaria del sistema banda, invitando a superare il pregiudizio che ancora grava su questo mondo che soprattutto all’estero è invece riconosciuto per il suo grande valore musicale.
Il maestro Riccardo Muti si è di recente espresso a favore delle formazioni bandistiche, riconoscendo quel ruolo, loro connaturato, di portavoce di identità nazionale.
Oggi in Italia sono poco meno di 10.000 le formazioni, con una media di 40 componenti per banda dunque, un gruppo che può schierare oltre 400.000 musicisti (sempre più giovani) e almeno 700.000 parenti e sostenitori di musicisti che seguono con passione le loro performance.
Una realtà importante, capace di portare musica nelle strade, alla portata di tutte le orecchie.
Le bande godrebbero di ottima salute grazie al rinnovamento del repertorio e alla capacità di arrangiatori e compositorii; l’introduzione del basso elettrico e della batteria, che rendono possibile un nuovo sound più vicino ai gusti dei giovani, hanno infatti consentito loro di inserire in programma musiche da film (da Mission, al Padrino passando per Rocky) fino a classici come Blue moon e standard jazz, senza trascurare il repertorio tradizionale sempre più apprezzato e divulgato anche dalle case editrici.
La banda che nel passato ha rivestito un’isostituibile funzione culturale e sociale, rappresenta tantissimo per la formazione dei giovani musicisti e permette ad intere famiglie di vivere dell’indotto creato.
Se in un modo o nell’altro la stagione dei grandi teatri lirici si è avviata, non senza difficoltà e polemiche, con eventi in streaming che hanno tutto sommato riscosso successo di pubblico, quale destino è riservato alle bande?
Non sarebbe colpevole ignorare ancora le esigenze stringenti del settore e lasciare a casa artisti e maestranze senza un adeguato sostegno economico?
Avrebbe senso penalizzare ancora proprio quel settore dello spettacolo che costutitivamente si esibisce all’aperto e riempie di colori le bellissime piazze italiane?
Noi non riusciamo ad immaginare migliore ripartenza per il settore spettacolo di quella trionfale affidata all’abilità dei fiati e alle percussioni spettacolari di tamburi, rullanti, grancasse e piatti. Cosa sarebbe di un’Italia che investe sulla banda larga e lascia la banda muta?

Mariapaola Meo

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