Più che un disco, un viaggio che parte dalla Sardegna di Mamoiada e approda a Macondo, paese dell’ epopea del colonnello Buendìa consegnato alle visioni del nostro immaginario da Gabriel Garcia Marquez. Filo conduttore la musica di Paolo Fresu, dei suoi compagni Daniele Di Bonaventura e Pierpaolo Vacca e delle voci, splendide, di Tosca, Malika Ayane ed Elisa.
Il disco nasce non come colonna sonora, ma come parte integrante dello spettacolo Tango Macondo, prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano e diretto da Giorgio Gallone, ispirato dal romanzo Il Venditore di Metafore di Salvatore Niffoi.
Un’opera teatrale in cui musicisti, danzatori, attori, contribuiscono a realizzare in scena l’avventura dei due venditori di metafore Mataforu e Anzelina, cantastorie che dalla Sardegna rurale approdano poi in Argentina per fondare un paese, Macondo, dove ogni racconto prende forma.
È il tango di Gardel ad accompagnare questo girovagare, aiutato non solo dal bandoneon di Daniele di Bonaventura e dall’organetto di Pierpaolo Vacca, ma interpretato da tre voci italiane, che aggiungono qualcosa al canto del passato, trasformando i tre brani in autentici momenti sentimentali, in cui la musica riesce ad andare oltre la mera interpretazione del tango e ci regala delle canzoni che pur memori della tradizione, diventano nuove per originalità nel diverso uso della voce: Malinconica Malika Ayane in Alguien le dice al Tango, sensuale Tosca in El dìa que me quieras, appassionata Elisa in Volver.
Negli altri brani che compongono l’album, la nota fondamentale sembra essere quella narrativa, ma senza che si perdano i contatti con gli elementi del viaggio interculturale.
Sonorità ampie e descrittive, ma anche note di musica tradizionale, affidate soprattutto all’accordion e al ritmo del ballo, come nei bellissimi Ballu Tzoppu e Dumburudù, arricchite però di improvvisazioni e di ritmi che si ricollegano al jazz, oltre che al tango. Romantico il Tema di Mataforu e Anzelina, così come quello de Il sogno delle case di specchio, in cui è il suono del bandoneon ad aggiungere un che di malinconico e sognante.
La formazione colpisce per la naturalezza con la quale mescola il materiale compositivo e l’improvvisazione, qualità che esprimono al meglio proprio quel genio italiano che molti ritengono sia all’origine del tango argentino.
Angela Caputo