Amo la comicità seria: il regista e comico Maccio Capatonda con un nuovo film in uscita e tanti progetti

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Maccio Capatonda e Alfonso Pacifico

È un piacevole e sorprendente  ossimoro, comicità seria,  quello che apre la mia intervista a Maccio Capatonda,  e la apre  nel momento esatto in cui, dopo una mattina incessante di pioggia, il sole torna prepotente e rende ancora più evidenti i colori ed i contrasti della Costa.
Location dell’intervista è uno dei tanti tavolini vista mare che, dall’ interno del Caruso,  punta dritto verso il mare e verso la confluenza morbida delle montagne passate dal vento.
Il noto regista, tra i premiati dell’evento Facce da Spot 2023 ideato da Maxi Gigliucci e Graziano Scarabicchi, tenutosi al Campidoglio il 20 settembre scorso, continua a fissare il panorama con uno stupore evidentissimo che fatica a nascondere;   io provo a catturare la sua attenzione con le mie domande, intervallate da qualche necessaria informazione sul nome dei  paesi di cui intravede i profili.

Cosa fa davvero ridere Maccio Capatonda e cosa, invece, trova davvero irritante?

«Attualmente mi fa ridere la comicità seria, quella coerente con sé stessa. Sicuramente amo la comicità surreale, demenziale, i nonsense. Ci sono ovviamente dei modelli che mi hanno forgiato, innanzitutto Nino Frassica, ma anche Guzzanti, Alessandro Gori, meglio conosciuto come lo sgarbabonzi, e Valerio Lundini.
Amo  gli artisti che hanno una comicità molto vicina alla mia, quindi aggiungo anche The Jackal, ai The Pills. E, andando a ritroso,  Verdone, Troisi, Benigni, Francesco Nuti e, come una piacevole costante, ancora una volta Nino Frassica.
Per quanto riguarda ciò che mi irrita, in generale non voglio essere irritato da niente. Faccio meditazione e ho avuto modo di seguire un tipo di meditazione particolare, la Vipassana, una branca del Buddismo, che insegna a non ostacolare le emozioni e dunque ad accettarle senza frapporvi filtri. Un percorso non semplice, ma davvero prezioso.
Tornando alla tua domanda, può  sembrare  assurdo ma in generale, per i media  e la tv, ciò che mi irrita è anche ciò che mi attrae e che mi interessa. Lo storytelling mediatico è in fondo creato ad hoc per irritare, per suscitare reazioni ed una vena polemica nello spettatore. In linea più generale, quello che davvero mi irrita è non riuscire a penetrare la verità delle cose, a  decifrarla.
È un argomento di cui parlo anche nel mio libro. Per il resto, cerco di accettare quello che è, e che raramente abbiamo il potere di cambiare. La soluzione migliore è non contrastare, non far prevaricare l’io».

Ci parli del tuo ultimo film e dei tuoi prossimi progetti?

«Il Migliore dei Mondi, il mio ultimo film, uscirà il 17 novembre prossimo su Amazon Prime. È un film incentrato sulla tecnologia, che ha avuto una gestazione lunga, di ben 4 anni. Ho cominciato a scrivere la sceneggiatura nel periodo precedente alla pandemia, l’arrivo del Covid ha poi determinato anche una sorta di pausa creativa. Alla fine della pandemia abbiamo cominciato a chiederci se non fosse un film ormai obsoleto per una sorta di rigetto della tecnologia determinato dalla situazione generale e dall’esperienza vissuta. Invece, con il ritorno alla normalità, l’onda d’urto della tecnologia è arrivata più potente che mai. Superfluo ribadire che della tecnologia va sempre fatto un buon uso.
Seguirà poi una serie che uscirà a gennaio, intitolata No Activity, sempre per Amazon Prime. Da marzo poi sarò nello show della Gialappa’s Band. In più ho un altro progetto in cantiere di cui non posso però dire ancora nulla. Ieri, inoltre,  è andata in onda  la seconda stagione di Prove Prove Sa Sa,  il programma di Frank Matano:  sono uno degli otto partecipanti insieme a colleghi ed artisti come  Pannofino, Francesco Mandelli e Lucia Ocone».

Siamo in un luogo di vacanza per antonomasia.  Tra i tuoi ricordi di bambino c’è  una vacanza memorabile?

«La mia vacanza più bella è stata in Corsica ma non ero più un bambino, piuttosto un quasi adolescente. La Corsica mi ha sempre affascinato molto: ero in campeggio, quindi un’esperienza a diretto contatto con la natura. Mi è rimasta nel cuore perché per la prima volta si è creata una comitiva, un gruppo. Ricordo che arrivammo lì accompagnati dai genitori del mio amico e che c’erano tanti ragazzi ma avevamo timore di avvicinarci. Poi ci hanno coinvolti e da lì è nata una delle mie esperienze più belle».

Un’ultima domanda, questa volta ironica.  Il Caruso è in chiusura di stagione. Qual potrebbe essere la benedizione di San Ceppato  (noto personaggio di fantasia del suo film Omicidio all’Italiana) per questo albergo?

«Direi 100 di queste chiusure che, ovviamente, vuol dire altrettante aperture!»

Ci lasciamo con un sorriso: il sole è più deciso adesso,  Maccio Capatonda mi chiede di mostrargli il percorso verso l’Infinity Pool.
«Sembra un disegno, un dipinto»  continua a ripetere guardando il paesaggio che si estende oltre il bordo a sfioro della piscina.
Improvvisamente condivido il pensiero di Maccio Capatonda: bisogna guardare alle cose senza ostacolarle. Allora questo è il momento di non ostacolare la bellezza che ci circonda con pensieri che potrebbero distrarmi, e, seppure “abituata” a  questo panorama, provo a fare come lui e mi lascio incantare, senza frapporre altro, come se fosse la prima volta.

Emilia Filocamo

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