Suonar sognando – il pianismo di Grigory Sokolov

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Si può suonare riproducendo senza errori tutte le note scritte, ricostruendo prassi interpretative, rinvenendo fonti storiche, cercando di farsi neutro interprete del pensiero di chi ha composto una musica. Ma la statura di un grande artista, fatto salvo quanto sopra, sta nel riuscire poi a leggere la partitura con la propria sensibilità e trasformare cosi un concerto in un sincero regalo rivolto a chi ascolta in sala.
Nel concerto del 25 Maggio al Teatro di San Carlo Grigory Sokolov si dona generosamente al pubblico con tutta la sua grandezza di artista che, giunto a 74 anni di età, non trattiene la propria immensa sensibilità, ma anzi esprime con grande naturalezza una concezione interpretativa che ben poche volte in una vita capita di ascoltare.
Nei bellissimi brani di Bach, i quattro Duetti BWV 802 – 805 e la Partita in Do minore, eseguiti con eufonica qualità di suono e abile scioltezza nell’articolazione, sono mirabilmente udibili le diverse voci che compongono la trama della partitura, in un equilibrio sonoro perfettamente percepibile da tutti gli angoli del teatro, persino dagli ultimi posti di balconata, dove, in un silenzio irreale, il pubblico è già rapito dal suono, pulito, fresco, leggero.
Chiusa la prima parte del concerto, il pianista di San Pietroburgo torna poi in palcoscenico per eseguire sette Mazurche di Chopin.
E qui la performance diventa sogno, tra suoni bilanciati e rotondi, mai forti, e fraseggi che sussurrano alle orecchie dolcezze mai sentite, lontane vaghezze immaginate, piccoli intimi passi di danza. Tutto è mirabilmente narrato con una delicatezza che stupisce i cuori di chi ascolta e lascia spazio alla commozione, al trasporto, al sentimento, esattamente ciò cui Chopin pensava mentre componeva queste pagine.
Nell’ultima parte dell’esecuzione, le Waldeszenen di Schumann aprono a visioni di luoghi della natura anch’essi sognati, con inaspettati incontri con uccelli, cacciatori e fiori, perfettamente descritti da un pianismo sempre al servizio dell’espressività.
I sei bis finali, un concerto nel concerto, chiesti a gran voce dai presenti, riportano in palcoscenico un artista generoso, contento, non ancora stanco.
E il sogno ricomincia, con altri piccoli regali, accativanti, compiaciuti, brillanti.  Ancora due preludi di Chopin, e poi Rameau, Bach nella trascrizione di Siloti.
Per dirsi buonanotte. E continuare a sognare.

Angela Caputo

Foto di Luciano Romano
Video Teatro di San Carlo

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