‘Memoria di ragazza’, memorie collettive di un universo femminile attraverso la grande prosa di Annie Ernaux

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Il Salone del libro di Torino 2017 ha lasciato un ennesimo segno indelebile e, nonostante ciò, nessuna polemica pare opportuna rispetto al fatto che vengano incrementate simili iniziative.
L’anno prossimo, difatti, saremo felici di vedere nel nostro calendario, non solo il nuovo evento in tema di libri a Milano e a Torino, ma anche e – finalmente – a Napoli.
Fatta questa doverosa premessa, qui si intende parlare di incanto, di un amore che ha avuto la veemenza di un pugno nello stomaco.
Seppure dal sentore anacronistico, è propria questa l’ambivalente emozione che provoca il libro della scrittrice Annie Ernaux, per l’eccellente traduzione di Lorenzo Flabbi ed edito da L’Orma Editore.
Ennesima prosa autobiografica, la scrittrice concentra la sua macchina da presa in un momento specifico della sua vita: l’agosto del 1958.
La protagonista del romanzo è una diciottenne giunta in una colonia di vacanza a svolgere per il periodo estivo il ruolo di educatrice.
É in questo perimetro d’esistenza che il marchio del sesso le si imprime nell’anima.
Ciò che descrive l’autrice non rivela mai fino in fondo l’impatto emotivo che quel momento abbia avuto nella propria formazione, quello che dopo molti anni ella riscopre, lo si deduce man mano, così come succede nella vita di ognuno di noi.
Sono rarissimi i casi in cui ci si racconta un evento epico e traumatico nel momento stesso in cui lo si vive; piuttosto che ammettere francamente che, talvolta, la nostra volontà può essere piegata al fluire incondizionato della vita, ci si responsabilizza sino a sentirsi in colpa di una colpa che tale non è.
Non è un marchio visibile, quello che la signorina perbene di quella calda estate porterà con sé, fingerà per anni di aver vissuto altro da ciò che le circostanze le avevano imposto.
A questo punto, una domanda apre al tema centrale del libro: vi è coartazione nel desiderio?
Rispondiamo dall’altro dell’età adulta, dal punto di vista di essere umani che negli anni scorrono le immagini del passato del presente e del futuro, con filtri sempre nuovi, creati dalle esperienze, dalle consapevolezze, dall’osservazione del prossimo.
Rispondiamo sì, è possibile volere un male, desiderare il nostro annientamento: anche solo per un momento.
É inevitabilmente un rito di passaggio, dalla giovinezza all’età adulta.
Il racconto – così – viene scandito anche a suon di eventi storici che non paiono incidere nella vita del singolo, ma – di fatto – la decodificano.
La ragazza che si affaccia agli anni sessanta, che si prepara alla libertà sessuale, ne rimane succube: desidera e rimane succube di questo suo desiderio.
Lo stile della Ernaux è immancabilmente perfetto: asciutto e preciso.
Cosa accade col ‘capo educatore’?
“É la prima volta che rievoco quella notte tra il 16 e il 17 agosto 1958 provando una profonda soddisfazione … Una realtà che non era né l’orrore né la vergogna. Solo l’obbedienza a ciò che accade”. (Pag. 66 – Memoria di ragazza . A. Ernaux).
Ciò che l’autrice insieme alla protagonista hanno accantonato per anni, riemerge con la chiarezza di una fotografia realizzata nel giusto cono di luce.
É difficile spiegare ad un uomo che la vis grata puellae è un magnifico mito da ridimensionare.
É difficile – in realtà – spiegarlo anche a una donna.
I retaggi culturali che partono dall’onesta ammissione dell’inesorabile incapacità femminile dell’essere al pari livello di un uomo, investe tutti.
Fermarsi e fare osservare tutto ciò, ovviamente, così come per molti versi accadrà con coloro i quali leggeranno queste righe, desterà un sorriso significativo: si invocherà l’utilizzo di toni esageratamente apocalittici, di elementi tipici di un femminismo inutile e ridondante, fine a se stesso.
No, non è così, se – tra l’altro – si può tranquillamente precisare che il negazionismo è un atteggiamento che investe molti campi.
L’evento culmine in cui si incentra tutto il romanzo, non sarà mai visibile al lettore con la chiara valenza disturbante che si avvertirà solo attraverso i sintomi che la ragazza del ’58, cosi come accade nella maggior parte dei casi, metterà in campo in tempi successivi.
Allora non si conoscevano i termini, ma se li dovessimo definire nella contemporaneità, scopriremmo la eco di una devastante bulimia, così come di un subdolo picacismo e di una triste amenorrea.
La Ernaux non si compiace mai in un ruolo di vittima, continua a essere sin troppo severa con se stessa.
Narra un’altra sé, descrive una donna lontana che le appartiene solo nella schiera dei ricordi.
Cesella la protagonista in un dialogo solipsistico, eppure magistralmente non ottuso, non chiuso.
Ci si avvicina alla giovane, per prenderne subito dopo le dovute distanze. Il ritmo del libro prende slancio proprio in questo senso: da una descrizione asettica, man mano si passa a un vortice di sensazioni incalzanti.
La Ernaux è emblema di chi si è sempre prestata alla storia, ma narrando gli attentati, i sabotaggi alle ferrovie, le azioni perpetrate dal Fronte di liberazione nazionale, precisa quanto queste funi sul vuoto non avessero per nulla scalfito la giovane Annie Duchesne.
Non era insensibilità, ma la concentrazione verso un microcosmo fatto di imperativi ancestrali, quelli tipici di un adulto in evoluzione.
Descrive immagini con termini diretti, meravigliosamente votati all’ostentazione non affettata di ciò che nella nudità di una costrizione, quell’essere avrebbe avuto nel percorrere un cammino travagliato, quello di un sentiero che avrebbe fatto a pugni con le sovrastrutture gettate come ponti salvifici per non cadere nel baratro della paura che immobilizza.
È un libro che bisogna leggere: uomini, donne.
È ciò che impegna riflessioni negli uomini, per cominciare a entrare davvero nel vissuto di una donna; è ciò che obbliga le donne a fare i conti con le verità che a volte nascondono per non affondare.
I conti – però – prima o poi è necessario farli.
Il lungo cammino verso una corretta evoluzione del genere umano, che vada al di là di sessismi, o di emarginazioni di genere, spinge all’analisi introspettiva, quel tipo di analisi clinica che parte da ciò che ci circonda e termina nel fondo della nostra esistenza, in un’osmosi perfetta.
‘Memoria di Ragazza’, memorie di ognuno di noi.

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