La Asian Youth Orchestra dà voce all’ Europa di fine ‘800 con Repin e Judd

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Un programma musicale spiccatamente europeo, e di un continente al bivio della sia storia, al quale imboccherà la strada degli autoritarismi: ad interpretarlo, a Villa Rufolo il 25 agosto 2017, stata la Asian Youth Orchestra, composta da giovani dai 17 ai 27 anni nati nel continente asiatico, con James Judd sul podio e la presenza di un solista di gran rango come il violinista Vadim Repin.
La serata della Sezione Sinfonica del Festival di Ravello, diretta da Alessio Vlad  si è aperta con il “Concerto per violino e orchestra n.1 in sol minore Op.26 ” di Max Bruch, una pagina tanto intensa quanto virtuosistica, un vero punto di arrivo del repertorio romantico, nella stesura della quale Bruch attinse a tutta l’esperienza di un virtuoso del violino come Joseph Joachim, tra i maggiori, se non il maggiore interprete della letteratura ottocentesca.
Repin è uno specialista di questa partitura che esegue con grande frequenza e con non minore successo, accompagnato dalle maggiori orchestre del mondo.
La Asian Youth Orchestra è stata docile al gesto di Judd, il quale ha bilanciato dinamiche e andamenti con grande meticolosità, facendo emergere il bel suono dello Stradivari del 1733, appartenuto a Rode, da cui Repin ha tratto un suono rotondo e intenso, quasi sempre con intonazione nitida.
Inevitabile la concessione di un bis, con “Il carnevale di Venezia”.
A pieno organico, nella seconda parte, la giovane orchestra asiatica ha affrontato la “Sinfonia n. 1 “ di Mahler, sottotitolata “Il Titano” dall’omonimo romanzo Jean Paul.
Si tratta di una partitura dalle dimensioni estese, benché eseguita nei “soli” quattro dei cinque tempi originari, come è consuetudine a partire dal 1896, quando il movimento Andante-Allegretto denominato “Blumine” (raccolta di fiori) venne espunto e destinato a vita autonoma.
Gustav Mahler è il poetico cantore dei disagi dell’Europa tra ottocento e novecento, le nostalgie, i nazionalismi, l’emergente antisemitismo, gli albori dei totalitarismi.
La Asian Youth Orchestra non si è limitata ad eseguire un “perfetto compitino”, che pure sarebbe un gran bel risultato di fronte alla difficoltà della pagina di Mahler, ma ha riprodotto con quasi naturalezza le sonorità, gli andamenti, gli “sforzato” della Vienna avviatasi alla decadenza.
I passaggi ternari hanno restituito un’eco di valzer, così come drammatiche sono emerse le citazioni di melodie ebraiche e da trenodia a canone, la citazione di Frère Jacques , che molti ricordano come Fra Martino campanaro, qui in modo minore.
Quanta Europa da un’orchestra giovanile asiatica!

Mariapaola Meo

Foto di Emanuele Ferrigno ©

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