Il Cantico dei Cantici

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Arriva da molto lontano, da un tempo remoto, con un linguaggio arcaico eppure così immediato: il Cantico dei Cantici, poema d’amore (palesemente erotico) in forma dialogica tra un uomo e una donna più conosciuto e tradotto nella storia, presente nell’Antico Testamento, celebra con accenti struggenti ed evocativi le mille sfumature di un sentimento che è fiamma divina, nostalgia, lontananza, attesa, desiderio, bellezza nei sensi e dei sensi ed un mistero mai svelato che ancora ci avvince quando ne siamo fascinati. Con questo gioiello letterario messo in scena da Roberto Latini si è aperta venerdì 19 gennaio 2018 la stagione Mutaverso Teatro diretta da Vincenzo Albano e giunta alla sua terza edizione, organizzata da Erre Teatro in sinergia con il comune di Salerno presso l’Auditorium del Centro Sociale.
L’adattamento voluto dal regista – attore, punta tutto sulla potenza dei versi che rimangono abbastanza fedeli agli originali, sottolineati da una recitazione via via più emotiva e coinvolgente, amplificata dalle note suggestive di Gianluca Misiti che ha creato le musiche originali per l’allestimento (curato nella tecnica e luci da Max Mugnai), oltre ad averne scelto altre. Come ha sostenuto il performer ”non c’è una storia da seguire né una trama da rintracciare, ma lampi di bellezza”.
Sulla scena un uomo in marsina, occhiali scuri, parrucca e trucco che dorme (sogna? ricorda?) accoglie il pubblico su di una panchina (piccolo appunto: era necessaria mezz’ora per iniziare?), per poi declamare il testo da una postazione radio, on air, mentre mette e toglie le cuffie, ascolta vari brani, balla, indugia incerto con un telefono, bacia il microfono, mima seduzioni e pose che oscillano tra il maschile ed il femminile, il tutto in vistoso contrasto con le immagini che i versi rimandano. Le parole “capaci di evocare altro rispetto a ciò che c’è, qualcosa di più alto rispetto a ciò che si vede” vengono ripetute in vari registri in un crescendo espressivo e trascinante che rimanda ad un amore profondo che è carne, malattia, turbamento, esaltazione, perdita, dolcezza, trascendenza, gioia ed appartenenza ma anche impossibilità, disperazione e disillusione come sembra suggerire l’ultima battuta. Grande successo di pubblico che ha elargito lunghi applausi ad un lavoro già vincitore l’anno scorso di due premi Ubu (Miglior progetto sonoro e Miglior attore o performer). Quale avvio più felice per una stagione che si protrarrà sino a maggio con una programmazione interamente dedicata all’odierna creatività artistica? L’appuntamento prossimo è fissato per il 2 febbraio, con Hallo! I’m Jacket e per ulteriori aggiornamenti vi segnaliamo info@erreteatro.it.

Dadadago

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