Il servo, un piccolo capolavoro di abiezione

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Un rapporto millenario quello tra padrone e servo, pur sempre un rapporto di potere, indagato da una prospettiva acuta in cui si miscelano con sapienza dinamiche psicologiche e rapporti di classe, erotismo e senso di solitudine.
Una storia di cui immediatamente ci viene reso l’epilogo: in sottofondo la marcia funebre di Purcell (forse a celebrare il disfacimento di una personalità), vediamo un uomo di spalle, in penombra che avanza lentamente dal proscenio verso il fondo dove, su un divano, si trova stravaccato letteralmente un altro uomo. E qui il gioco comincia, un gioco sottile, avvolgente che conduce gradualmente all’inversione dei ruoli ed a un finale che sancisce il totale asservimento del padrone che abdica a favore del soddisfacimento di bisogni elementari (sesso, cibo, alcol) e l’ambiguità che legherà i protagonisti.
«Una storia tetra di lotta sociale feroce. Non ci saranno vincitori ma solo corpi affamati di qualsiasi piacere e menti sopraffatte dal silenzio delle proprie esistenze. Metafora di una società che inventa ruoli e classi, il testo racconta la vendetta dei deboli e perfidi “sfortunati”, costretti a servire altri uomini uguali a loro in tutto e, nonostante ciò, depositari di un folle diritto al quale non si può che opporre tutta la minacciosa rabbia dei servi» L’allestimento che Pierpaolo Sepe ha realizzato del romanzo di Robin Maugham “Il servo” – testo noto per la trasposizione cinematografica di Joseph Losey degli anni sessanta, con la sceneggiatura di Harold Pinter – ha da subito atmosfere inquietanti e claustrofobiche, complice la bellissima scena di Francesco Ghisu che ruota sugli interni di una ricca casa inglese e le luci suggestive di Cesare Accetta.
Dialogo dopo dialogo ( e a nostro parere qualche taglio avrebbe reso ancor più fluida la drammaturgia) si delineano i caratteri dei personaggi e l’andamento della relazione tra il brillante avvocato Tony, neo ereditiero tornato dopo alcuni anni dall’Africa ed il suo premurosissimo cameriere tuttofare Barrett che ad un certo punto introduce in casa Vera, la sua amante, sexy e disponibile che dividerà abilmente con l’ignaro riccone il quale vive per il piacere e le comodità. Nulla potranno il suo migliore amico Richard, Sally la fidanzata algida e controllata, di alta estrazione sociale infastidita dalle cure assidue, quasi materne di Barrett, contro la fascinazione dell’essere servito e riverito, che condurrà l’uomo ad una sorta di regressione dai risvolti a doppio taglio. Scena dopo scena la relazione assume contorni morbosi ed esclusivi, di reciproca dipendenza che paradossalmente si ripropone più forte e definitiva dopo una rottura. Difficile stabilire poi chi dipende da chi, chi muove i fili del ménage (che per essere vivacizzato ha bisogno di un terzo, nello specifico una donna, come spesso accade).
La regia (curata anche dall’attore Andrea Renzi) calibrata fa sì che la tensione cresca sino alla scena finale in cui i due uomini di fronte, in penombra, si tolgono le camicie, disvelandosi e forse riconoscendosi in questo torbido gioco tra dominato e dominante, dove latente non si esclude un’attrazione di natura omoerotica. Con un ritmo costante la coppia Lino Musella e Andrea Renzi rende perfettamente la trasformazione psicologica raccontata dal testo: il primo, dapprima dimesso nei gesti, voce carezzevole e atteggiamento deferente, poi sempre più incisivo e potente, voce grossa e modi bruschi; il secondo, al principio sicuro, aristocratico che lentamente sembra perdere forza e controllo, amici e punti di riferimento affettivi e sociali. Bravissimi Tony Laudadio, nelle vesti dell’amico, Emilia Scarpati Fanetti la fidanzata destinata ad eclissarsi e Maria Laila Fernandez l’amante che seduce ma non conduce il gioco.
Alto gradimento di pubblico, sabato 10 febbraio 2018 al teatro Verdi di Salerno per Il servo, dalla pièce teatrale “The servant” dal romanzo omonimo di Robin Maugham, traduzione e adattamento di Lorenzo Pavolini. Da vedere.

Dadadago

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