Nella sua Napoli Giancarlo Giannini racconta amori artistici e esperienze di vita

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Teatro Totò, unica data per lo spettacolo che già da qualche anno viene ripresentato a Napoli, ildeato per l’occasione dall’attrice e regista Susy Mennella.
Come in un talk show “napoletano”, il celebre attore italiano Giancarlo Giannini racconta la sua vita attraverso immagini e video, intervistato dall’attrice Rosaria de Cicco.
Anche in questo consiste la bravura di un artista, nel trovare di volta in volta la formula giusta per convincere e conquistare la simpatia della platea che ha davanti. E al poliedrico Giannini di certo non mancano i mezzi.
A contribuire al successo della serata (il suo amico) Marco Zurzolo al sax insieme a Gianluigi Esposito (voce), Carlo Fimiani alla chitarra, Antonio Saturno alla tromba, Davide Costagliola al basso, Agostino Mennella alla batteria che introducono musicalmente lo spettacolo e lo accompagnano con le loro improvvisazioni jazz.
Il contatto con il pubblico è diretto e colloquiale; si ascolta con interesse gli aneddoti e la vita ricca di aneddoti del celebre ospite che comincia proprio da Napoli la sua carriera scolastica e attoriale.
A circa nove anni si trasferisce nel capoluogo partenopeo con la famiglia dove trascorre circa dieci anni e si diploma come perito elettronico all’Istituto Volta in Piazza Santa Maria della Fede nel cuore della Napoli antica.
Anche se la sua formazione scolastica può sembrare completamente scollegata da quella dell’attore, in realtà egli ci spiega che nella vita tutto è collegato, proprio come nei transistor perché si ritroverà a concepire i suoi personaggi dapprima con dei diagrammi , su ciascuno dei quali disegna tutti i momenti, le scene che vive ciascuno di essi, le reazioni che dovrà avere davanti alla macchina da presa, i punti in cui trasmettere più adrenalina per far in modo che lo spettatore riceva un piccolo shock di curiosità nel divenire del personaggio al fine di tenere sempre vigile l’attenzione . Fare il protagonista di un film è molto complicato, perché l’attore conduce e snocciola l’azione e il suo obiettivo è di risvegliare l’attenzione del pubblico nel corso del film. È indispensabile una visione totale del personaggio dall’inizio alla fine. L’approccio è di tipo scientifico, proprio come in una sinfonia musicale, e se ne tracciano la dinamica e l’agogica. Un lavoro di estrema pazienza, fantasia e curiosità nella ricerca della perfezione nel divenire.
L’incontro con Jean-Louis Barrault sarà illuminante per l’attore; una grande lezione e un’ intuizione è racchiusa nell’affermazione delmimo francese in “Les enfants du paradis”, Il testamento del mostro (Le testament du Docteur Cordelie ovvero la rilettura in chiave moderna de “Lo strano caso del dr. Jekyll e mr. Hyde” : “ l’attore è colui che incide con il suo corpo lo spazio e con la voce il silenzio.
“Un’affermazione ricca e priva di contenuti allo stesso tempo. Ma per un attore a volte basta solo una scintilla per evocare un mondo di sensazioni ed idee.
Gli esordi di Giannini sono del tutto casuali: un suo amico impiegato al Comune di Napoli, Mario Ciampi lo invita a prendere parte alle prove di uno spettacolo, la sera della prima viene mancare un attore ed il regista, avendolo notato durante tutte le prove in sala,  lo chiama sul palco per sostituire il personaggio venuto meno all’ultimo momento.
Frequenta per circa un anno e mezzo l’Accademia d’arte drammatica continuando a fare teatro.
Ma il vero successo arriva grazie all’incontro con la regista Lina Wertmuller che lo sceglie come protagonista insieme all’attrice Mariangela Melato in “ Mimì metallurgico ferito nell’onore” che gli valse nel 1972 il David di Donatello come miglior attore protagonista e l’anno successivo il Nastro d’argento ed Il Globo d’oro come miglior attore rivelazione.

Il ’76 è l’anno di “Pasqualino sette bellezze” sempre della grande regista Wertmuller che fu accolto con grande entusiasmo di pubblico e critica. Ben quattro Nomination all’Oscar tra cui quella di Giannini come attore protagonista.
“Il volto è il paesaggio più bello dell’essere umano sul grande schermo” Wertmuller. Tale era l’importanza dell’espressione e dei primi piani per la regista che l’ultima scena del film “Pasqualino sette bellezze” fu girata il primo giorno delle riprese e che ancora oggi restano nell’immaginario iconografico del film.
Immagini di straordinarie attrici vengono proiettate sullo schermo che rimandano ad un legame artistico e personale avuto nei lunghi anni di carriera. I ricordi affiorano alla mente.

Anna Magnani ricordata come una donna di grande generosità partner con Zeffirelli in teatro.N e” la Lupa” di Giovanni Verga Giannini interpretava un ruolo marginale, ma per lui lavorare al fianco della Magnani era un onore: «con la Magnani si può fare questo ed altro»

Di Laura Antonelli ricorda la  semplicità “graziosa”. In “sesso matto” del 1973 di Dino Risi durante una cena confida le sue perplessità sulle sue capacità di attrici, perché proveniva da tutt’altro mondo. La Antonelli insegnava ginnastica. Né “L’Innocente” di Visconti diventa la protagonista
Lina Sastri l’affianca nel film di Nanni Loi “Mi manda Picone” ma la spinge a realizzarsi anche come cantante.
Di Sofia Loren, a parte la straordinaria bellezza ricorda la sua quasi maniacale attenzione per i dettagli al fine di rendere realistico il personaggio. Mina è geniale, la show woman per eccellenza lo convince a cantare con lei.
Monica Vitti che era considerata come una persona scorbutica, era una donna particolarmente intelligente perché aveva capito che è bene lavorare con gli attori bravi, quelli che avevano lavorato in teatro. Era nata tra loro oltre che un’amicizia artistica, anche una “complicità di luci”. Lavorano insieme ne “Il dramma della gelosia” con Mastroianni di Ettore Scola del 1970: una grandissima attrice drammatica e comica.
La regista Comencini era una donna forte e  grandissima sceneggiatrice;  al pari per   capacità ed intelligenza a Lina Wertmuller. Lavora con Julia Roberts in America ai suoi esordi.
Mariangela Melato era un’attrice di teatro ed avevano recitato insieme da ragazzi, prima di raggiungere il successo con il cinema, e la su padronanza dei tempi teatrali creava quella sintonia che consentiva loro tra di loro  interpretare delle scene soltanto con degli sguardi (Mimì metallurgico ferito nell’onore).
La parte conclusiva del talk show è dedicata alla lettura di alcune poesie care all’attore-doppiatore; liriche di Pedro Salinas e di Pablo Neruda, Leopardi, Blake e monologhi da Shakespeare.

Miriam Artiaco

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