Suoni di guerra e d’amore a San Pietro a Majella

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L’11 novembre 1918, quando la Germania, ultimo degli Imperi Centrali a deporre le armi, firmò l’armistizio imposto dagli Alleati, il primo conflitto mondiale poté ritenersi concluso. Definito inizialmente dai contemporanei “guerra europea”, con il coinvolgimento successivo delle colonie dell’impero britannico e di altri paesi extra europei tra cui Stati Uniti e impero giapponese assunse portata “mondiale”; è anche noto come “grande guerra”: fu infatti il più grande conflitto armato mai combattuto fino ad allora.
Da quel momento in avanti, nulla fu più come prima, alcuni dei maggiori imperi esistenti al mondo: tedesco, austroungarico, ottomano e russo si estinsero generando diversi Stati nazionali che ridisegnarono completamente la geografia politica e l’assetto dell’Europa.

A cento anni esatti da quella data, il Conservatorio di Napoli San Pietro a Majella ha voluto dedicare alla commemorazione di quegli importantissimi avvenimenti storici un concerto che, il 9 novembre alle ore 18, presso la Sala Scarlatti, ha visto impegnata l’orchestra di fiati del medesimo istituto di alta formazione musicale, sotto la direzione del maestro Paolino Addesso, docente interno di “Strumentazione e Composizione per orchestra di fiati” e “Direzione d’orchestra di fiati”.
La strumentazione per banda induce un’interessante considerazione, questo ensemble vive infatti di suggestioni diversissime e legate in qualche modo alla sua potenzialità ad essere itinerante: quando i media, la tv, il disco, internet non esistevano, sostituendosi ad orchestra e cantanti sua prerogativa esclusiva era la divulgazione delle grandi arie del melodramma italiano nei paesi e paeselli di cui la nostra penisola è disseminata, costituiva però anche l’unico organico in grado, muovendo insieme alle truppe, di svolgere quella funzione nobile e improrogabile di sostegno alle forze armate impegnate in conflitto in tempo di guerra.
Dunque dai momenti di piacevolezza delle periferie italiane, quelle stesse periferie che offrivano la loro migliore gioventù alla madrepatria, a quelli di conforto per le perdite immancabili o di incoraggiamento per gli assalti o per la resistenza in trincea, la banda era elemento fortemente unificante.
È vero inoltre che essa, purtroppo o per fortuna, fosse in servizio musicale per i funerali, tant’è che nei paesi il suo curriculum, il pedigree, si misurava sulla qualità e sul numero delle marce funebri che sapesse eseguire e che avesse in repertorio.
Coesistono dunque sentimenti di amore e di morte, così come nell’animo umano, in questa rapsodia di musiche curate e ristrumentate da Paolino Addesso, che nella rievocazione storica attraverso sonorità marziali ed echi bellici, ci restituisce il senso dell’orgoglio di Patria giammai desueto.

Auspichiamo che la banda con la sua carica propulsiva possa rimodulare il suo ruolo nella musica dal vivo nei tempi moderni e contribuire ad orientare il gusto dei fruitori e ci auguriamo che le cattedre di strumentazione per banda possano vedere riconosciuto all’interno dei conservatori italiani quel ruolo di prestigio che loro spetta di diritto, in memoria di una grande e incancellabile tradizione ma anche in una prospettiva avveniristica.
La serata si è aperta con “La leggenda del Piave” di E. A. Mario che ricorda i momenti eroici della prima guerra mondiale, furono proprio le truppe napoletane che recatesi sul fronte nord sovvertirono un destino che pareva segnato dopo Caporetto, e, grazie alla fantasia degli ex ufficiali borbonici, risultarono determinanti nello sconfiggere gli austroungarici.
L’Ouverture dal Tancredi di Rossini, melodramma eroico su ipotesto di Voltaire, ci riporta a momenti di altra situazione conflittuale, quella che ebbe luogo a Siracusa intorno all’anno 1000 fra saraceni e siciliani. A seguire, da I Puritani di Vincenzo Bellini “Suoni la tromba, e intrepido” in cui lo strumento solista per antonomasia del complesso bandistico acquista proprio quella funzione di incitamento alla carica di liberazione, i fatti si svolgono questa volta nell’Inghilterra del XVII secolo, in cui si assiste allo scontro tra il partito politico dei Puritani e quello degli Stuart, dopo la decapitazione del sovrano Carlo I.
Ma anche brani più sommessi sono da programma, come il “Va pensiero” dal Nabucco di Verdi, dove lo strumento a fiato si sostituisce al canto e agli archi per dar vita al coro d’opera più famoso al mondo e di certo più caro agli italiani, che recita della sofferenza del popolo ebraico oppresso dagli Assiri, argomento di trattazione musicale dal XV secolo fino ai giorni nostri, citando solo due musicisti su tutti che sono Bach con Super flumina Babylonis e, con il medesimo titolo, Palestrina, i due più grandi geni del Rinascimento e del Barocco.

Omaggio allo stimato maestro Raffaele Caravaglios è stato l’Allegro di concerto in una elaborazione di Addesso.
Per giungere a “‘O surdato ‘nnammurato” di Cannio-Califano, il canto più rappresentativo di sentimenti e passioni concomitanti e confliggenti, l’amore per la propria donna e l’amore di patria che richiede il sacrificio dei migliori anni della vita, fino alla vita stessa nei casi più drammatici e sfortunati. A conclusione un potpourri di brani patriottici messi insieme da Bruna Gaeta Catalano figlia di E. A. Mario, dal titolo “Come nacque la leggenda del Piave”.
La serata ha visto la partecipazione tra gli altri del contralto Tonia Lucariello e del basso Luca De Lorenzo.

Mariapaola Meo

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