“Don Checco”: autoironia e brio al Teatro Politeama

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«Don Checco, di Nicola De Giosa, è forse l’ultima opera buffa della Scuola Napoletana ed è datata 1850. Con l’unità d’Italia quel genere musicale, che era stato espressione della borghesia emergente, cade rapidamente in oblio (…) ne ho trasposto l’epoca in cui la vicenda “si finge” nel dopoguerra»
Così ha raccontato,  al Corriere del Mezzogiorno,  Lorenzo Amato, regista di  “Don Checco” di Nicola De Giosa, in scena al Teatro Politeama per la stagione del Teatro di San Carlo.
Sul podio un diligente e misurato  Carmine Pinto ha condotto Orchestra e  Coro del San Carlo e un cast brillante e comunicativo.
Bel colpo d’occhio offerto dalle scene tradizionali di Nicola Rubertelli e caratterizzanti sono apparsi  i costumi disegnati  da Giusi Giustino.
Brioso, marionetta teatrale e buffo dal sillabico travolgente, nel ruolo del titolo un eccellente Domenico Colaianni; suo deuteragonista un tonante burbero benefico Carmine Monaco nei panni di Bartolaccio.
Barbara Bargnesi ha animato con squillo vocale e malizia scenica il personaggio di Florina.
Convincenti le prove di  Giuseppe Esposito (Succhiello Scorticone), e del  duttile Rocco Cavalluzzi (il pittore Roberto) e in evidenza, Giovanni Sala, tenore dal bel cantabile nei panni di Carletto.
Il Coro è stato diretto da Gea Garatti Ansini.
L’impressione che si trae è che il cast tutto si diverta sul palco e il pubblico reagisce con caloroso e sorridente consenso.

Mariapaola Meo

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