Note Barocche nel Cortile della Biblioteca Oliveriana di Pesaro

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  • Un concerto che racconta due storie, quello che si è tenuto il 30 luglio scorso nell’accogliente Cortile della Biblioteca Oliveriana di Pesaro, per la rassegna “Note Oliveriane – L’Archivio dei suoni”.La storia di una nobile famiglia, gli Albani, di cui è membro un papa, Clemente XI, che custodisce un prezioso e voluminoso archivio.
    E la storia di un’importante riscoperta: quella di una sconosciuta sezione musicale all’interno di quell’archivio conservato presso Villa Imperiale di Pesaro e ora interamente digitalizzato ed inventariato. Autori dell’inatteso ritrovamento di almeno 23 volumi di pagine inedite dedicate al liuto e ad altri strumenti, come il clavicembalo e la viola da gamba, Brunella Paolini della Biblioteca Oliveriana e il liutista e docente al Conservatorio di Verona Franco Pavan.
    Una scoperta importante per la storia musicale, che fa dell’Archivio Albani una delle collezioni private più importanti al mondo e che si aggiunge al famoso manoscritto detto “Codice a cuore”, ricco di intavolature antiche.
    Il concerto è preceduto e intervallato da brevi interventi di Brunella Paolini, che ci racconta la storia e l’emozione di questa ricerca e lo stupore nello scoprire che il primo dei volumi ritrovati contiene nientedimeno che il Libro Ottavo dei madrigali di Monteverdi.
    E poi, sotto lo sguardo severo di Urbano VIII, la cui statua campeggia nel cortile, finalmente le antiche carte rinascono alla musica, ritrovano la loro ragion d’essere, restituite a un pubblico di secoli più giovane.
    L’esecuzione delle preziose partiture è affidata a Franco Pavan al chitarrone e alla splendida voce del soprano Pamela Lucciarini.
    Subito il pubblico viene avvolto dall’emozionante preghiera d’amore che invade la sala con Vedrò il mio Sol di Giulio Caccini, figura chiave dello sviluppo della monodia. Pamela Lucciarini interpreta con voce e corpo la supplica sentimentale.
    Un canto che giunge da lontano e presto si annida nella mente di chi l’ascolta.
    La magia continua nel silenzio assoluto del cortile con Stelle non m’uccidete, che la versione pesarese ascrive a Atto Melani, contraddicendo la precedente attribuzione a Stradella. Strumento e voce si appoggiano l’un l’altro, accompagnandosi in questa compassionevole richiesta di pietas.
    In Romanesca con Partite e Corrente di Johannes Hieronimus Kapsperger, liutista della famiglia Barberini e di papa Urbano VIII, il chitarrone diventa protagonista assoluto, toccando corde profonde e accorate, grazie alla sapienza e alla dedizione di Pavan. Torna la voce appassionata e dolce della Lucciarini, che, con leggiadria e attenzione intona S’io mi parto di Domenico Mazzocchi. Piena e lucente, la voce si inerpica su scale e arpeggi. Esecuzione accolta con un lungo e caloroso applauso. Lassa, che far degg’io di Francesco Cavalli riporta l’atmosfera amorosa e lieve dell’inizio.
    E poi di nuovo, il solo chitarrone tiene la scena con due Correnti di Kapsperger. Alla fine del brano, Pavan approfitta per ringraziare il pubblico.
    «Questa sera abbiamo fatto insieme un piccolo ma importante passo per entrare nello scrigno sonoro del mondo musicale della famiglia Albani – dice -. Ritrovare quei suoni perduti, ma custoditi e salvati dalla furia dell’uomo e del tempo, ci permetterà di guardare da vicino la nostra storia, la nostra identità, la bellezza di una tradizione. Attraverso l’unico mezzo possibile, la condivisione».
    Nel finale, Mi venga la rabbia, una Cantata di Giovanni Paolo Almeri, il soprano canta con straordinario ardore uno dei rari esempi di testi per cantate che raccolgono un sentimento come l’ira, più consueta semmai nelle opere. Soprattutto se ad arrabbiarsi è una donna che canta con fermezza il suo “mai più”. Un lunghissimo applauso del pubblico richiama i musicisti in scena per vari bis.
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