Toni Florio, con instancabile rircerca ci ha …. Donato Ricchezza

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Domenica 27 settembre la riapertura della stagione sinfonica portava sul palcoscenico del Massimo napoletano il “Titano” di Mahler. Nella non molto distante Chiesa di San Francesco delle Monache, quella che fu la “Domus eleemosynaria”, oggi Domus Ars Centro di Cultura, di Carlo Faiello, un ensemble assai più ridotto nelle dimensioni scriveva un’altra pagina di una altrettanto titanica impresa, voluta e perseguita con passione e impegno costanti da Il Canto di Virgilio e Cappella Neapolitana.
L’inaugurazione, in collaborazione con il Festival Duni di Matera, de La Rassegna “Sicut Sagittae”, giunta oramai alla V edizione, ha proposto la prima esecuzione moderna di un oratorio di Donato Ricchezza, dedicato a Sant’Eustachio, (patrono di Matera e di Acquaviva delle Fonti, che diede i natali al compositore). Questo autore, noto appena agli addetti ai lavori e presentato al grande pubblico nazionale ed internazionale già nel corso della seconda edizione, si sta rivelando una fonte inesauribile di capolavori. Donato Ricchezza (1648-1716) fu allievo di Francesco Provenzale al Conservatorio di S. Maria di Loreto, ammesso alla Real Cappella come virtuoso di violino, prese in seguito i voti, e successe a Cristofaro Caresana nel ruolo di maestro di cappella dell’Oratorio dei Filippini (oggi più noto come Oratorio dei Girolamini), così chiamato perché fondato da religiosi, arrivati da Roma alla fine del Cinquecento, appartenenti all’ordine di San Filippo Neri. Proprio ai padri oratoriani Ricchezza lasciò le sue composizioni, una cinquantina circa, tuttora conservate nell’archivio dei Girolamini sotto forma di manoscritti. Gli studi degli ultimi anni, portati avanti congiuntamente da Dinko Fabris e Antonio Florio, hanno riportato alla luce tesori inestimabili che diversamente sarebbero rimasti ancora a lungo, tra i polverosi scaffali della biblioteca sita in via Tribunali, miniera inesauribile. Come anticipato, nel corso della seconda edizione (2017) di “Sicut Sagittae”,  Festival Barocco affidato alla sua direzione artistica, il maestro Florio, a capo della Cappella Neapolitana (compagine da lui fondata nel 1987 con il nome di “Cappella della Pietà de’ Turchini”), aveva aperto la rassegna con la prima esecuzione moderna dell’ “Oratorio de los Santos Niños” ovvero “San Giusto e San Pastore”, di Donato Ricchezza, poi divenuto una fortunata incisione discografica per la casa ispano-tedesca “Glossa”. Nel 2018 é stata la volta de “La Ruina degli Angioli”, oratorio a 5 con violini, sempre in prima esecuzione moderna e sempre del prolifico compositore pugliese.
A introdurre la serata di domenica 27, Lorenzo Mattei, docente di storia della musica al Conservatorio di Bari. L’oratorio, diviso in due parti e destinato probabilmente a voci tutte di castrati, narra la vicenda rocambolesca del condottiero romano Placidus che, dopo la conversione al cristianesimo, prende il nome di Eustachio. Durante una traversata egli perde la moglie Teopiste, presa in ostaggio da un pirata, e i figli Teopisto e Agapito sottratti dalle belve feroci e dalla furia di un fiume.
Argante, un messo, convincerà Eustachio, che ha sostituito l’aratro alla spada, a riprendere il ruolo di guerriero e così, il condottiero dell’Imperatore Adriano, potrà ritrovare la moglie, che la provvidenza celeste aveva sottratto alla violenza del pirata, e i figli, miracolosamente sopravvissuti ai pericoli, mentre cercano di arruolarsi. Sappiamo da la “Legenda Aurea” di Jacopo da Varazze, che la fede in Cristo condurrà questo eroe al martirio, ma l’oratorio si conclude qui, con il trionfo finale del ricongiungimento familiare. Allo stile mutevole nel metro e agli effetti da opera seria della prima parte, si sostituisce il sentimento patetico della seconda. Il linguaggio ci immette nello spirito del teatro dell’epoca, che l’autore non ha mai toccato, ma che pur tuttavia costituisce un linguaggio assimilato che la committenza ed il pubblico si aspettavano anche nel contesto devozionale dell’oratorio.
In quest’ottica e in quella della previsione del sacrificio, coerente la conclusione prevista: la Ninna-Nonna a 2 voci con violini (da Trialogo per la Nascita di S:Giovanni Battista).
Diretta da Antonio Florio e con la consulenza musicologica di Dinko Fabris, la Cappella Neapolitana ha visto impegnati sul palcoscenico:
Valeria La Grotta, soprano (Teopisto, figlio); Ester Facchini, soprano (Agapito, figlio); Aurelio Schiavoni, alto (Teopiste, moglie); Leopoldo Punziano, tenore (S. Eustachio); Michele Dispoto, basso (Pilota / Argante messo).
Marco Piantoni, Nunzia Sorrentino, violini, Andrea Lattarulo violoncello, Giorgio Sanvito c.basso, Franco Pavan, Pierluigi Ciapparelli, tiorbe, Angelo Trancone cembalo.
Un bel successo di pubblico, accorso nonostante l’inaugurazione post covid della stagione lirico-sinfonica del Teatro di San Carlo e l’allerta meteo, ci sarebbe piaciuto che il testo dell’oratorio fosse stato reso disponibile al pubblico e consultabile, anche in QR code, per renderne più godibile la fruizione.
Concludiamo con una dichiarazione del maestro Antonio Florio che è un monito: «La musica del ‘600 va riscoperta e rilanciata, non resti mero tema di pubblicazioni e convegni, perché la musica principalmente va eseguita affinché sia apprezzata!».

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