“L’Acquario”: A novembre al Teatro Genovesi una commedia per sorridere, divertirsi e riflettere

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Due personaggi in teatro consentono un gioco di specchi, di opposti o di coppia, tre personaggi allargano le possibilità, inserendo terze angolazioni ed alleanze pronte a sciogliersi e ricomporsi.
I personaggi della commedia “L’acquario” di Claudio Grattacaso sono proprio tre, il testo è in scena con la regia di Marcello Andria al Teatro Genovesi di Salerno per i restanti sabato e domenica del mese di novembre 2021.

Elio, Sandro e Donato sono amici da lungo tempo, anche se scopriranno che non mancano tra loro finzioni, omissioni ed inconfessabili zone d’ombra. In un appartamento poco luminoso e zeppo di libri vive Elio (Enzo Tota) scrittore di successo, un’esistenza dedicata alla letteratura, un unico vecchio amore per una contessa, una vita che scorre nella solitudine, tra turbe ansiose e malesseri vari, la scrittura e le cenette il secondo giovedì del mese con gli amici di una vita sono il viatico all’ipocondria. Donato (Felice Avella) e Sandro (Ernesto Fava), i due amici, gli piombano in casa, il primo inaspettatamente e l’altro per una sua utilità, nello studio propriamente, ambientazione scenica con una grande libreria in legno, stracolma di libri, libri e carte ovunque su tavolini e sullo scrittoio, unica macchia di colore un acquario incassato nella libreria dove nuotano pesciolini variopinti.
Elio chiacchiera con loro, li chiama con i nomi di scrittori famosi del passato, unica compagnia prima di piombare nelle turbe di un mal di pancia dissenterico che lo sta angustiando …. Già, sarà stata la cena del giovedì, con gli amici al ristorante indiano.
Intanto Donato ha bisogno di sfogare lo sconforto per l’abbandono da parte della moglie ed il disprezzo della figlia nei suoi confronti che, addirittura, ha iniziato a spiarlo appostandosi nei luoghi di sua frequentazione. Sandro, invece, vuole un libro autografato per fare colpo su una giovane ragazza di cui si professa innamorato, anche se la sua vita è un turbinio di passioni e passioncelle, galanterie e vanità. I tre amici, tra una parola andata fuori e un buon bicchiere di vino, allenteranno ogni freno inibitore, rivelando verità altrimenti inconfessabili.
Le considerazioni di ognuno nei confronti dell’altro vengono a galla, come gli ironici soprannomi taciuti per anni, Elio deridendo tratti fisico-comportamentali di Donato e di Sandro ha definito il primo “puffettone” ed il secondo “trapano di legno” il secondo, lui invece, all’insaputa, è per gli amici “Lillino copia e incolla” grazie alle chiacchiere che girano sul suo conto come scrittore.
Ma questo è il minore dei danni…uno sfottò forse anche bonario, che lascia spazio al buon senso ed al perdono amicale.
Le inquietudini sembrano allontanarsi, ma la ripresa più incandescente del riversarsi addosso giudizi impietosi e spietate accuse porterà i tre a scoperchiare aspetti ancora più oscuri delle proprie esistenze.
Elio è uno scopiazzatore seriale, come si dice in giro e a sospettarlo è lo stesso editore, Sandro ha tendenze sessuali particolari, come si dice in giro…altro che seduttore incallito! Donato, invece, ha un’oscura vita sessuale da mantenuto, condita da perversioni, un fatto che scoperto dalla moglie gli è costato sia il matrimonio che il rispetto della figlia. Ma i tre amici, nonostante tutto, riusciranno a riderci sopra, hanno del resto visto finalmente l’immagine di sé stessi che si sono rifiutati di vedere … c’è poi la tenerezza di ricordi che si possono condividere solo con gli amici di una vita, l’accettazione dell’altro, la comune solitudine, la liberazione dalle mistificazioni, l’essere finalmente sé stessi. Forse queste vite, pur somigliando a quelle dei pesci nell’acquario, condannati ad una convivenza forzata, hanno comunque una spinta di riscatto dalle umiliazioni ed una possibile strada di laica redenzione, grazie alla scelta che l’uomo può operare.
Uno spettacolo che intende divertire con garbo, mentre ciò che si mormora in giro avvolge rivelazioni e coming out, momenti di alleggerimento e più pacate ammissioni, ciò che serve ai protagonisti per disfarsi della propria inautenticità, spesso di comodo soltanto per il timore di non essere accettati.
I tre attori si compensano ottimamente, seguendo ognuno il proprio ritmo scenico ed assecondando insieme il ritmo dello spettacolo, un’alternanza di serio e di scherzoso molto ben dosata. L’andamento è scoppiettante per lo più, regala momenti esilaranti e una grande complicità tra gli interpreti, pur non mancando dialoghi e riflessioni più intimiste.
L’amalgama è frutto di professionalità collaudate, un
Enzo Tota sempre adeguato e catturante, un Felice Avella di mestiere antico e padronanza scenica, un Ernesto Fava di grande mimica e versatilità.
Si aggiunge il riuscito allestimento di
Luca Capogrosso che ha lavorato su progetto grafico di Giulio Iannece, l’attenta direzione di scena di Angela Guerra ed i puntuali commenti musicali di Marco De Simone hanno fatto il resto. Un insieme che ha consentito all’intelligente testo di Claudio Grattacaso di venire fuori con piacevolezza e ritmo, l’aggiunta della regia carsica e sottotraccia, ma puntuale e misurata, di Marcello Andria ha consentito il pieno decollo.
La
Compagnia dell’Eclissi, ancora una volta, ha dimostrato che l’arte della commedia e del far ridere non è cosa da tutti, occorre avere il ritmo, sapere utilizzare la gestualità a tempo e la voce al meglio, trovando giusta ispirazione in un testo, come quello messo in scena, che strappa la risata in modo naturale, come per gli applausi del pubblico.

Marisa Paladino

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