CorrMezz: «Don Carlo» al San Carlo – «Un inno contro il sistema»

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Dal Corriere del Mezzogiorno del 20.11.22

«Sarà una regia moderna quella di «Don Carlo» di Verdi, nella versione in 5 atti in italiano – afferma il regista Claus Guth che curerà la messa in scena della nuova produzione dell’opera che sabato prossimo alle 17 inaugurerà la stagione lirica del Teatro di San Carlo, con Juraj Valcuha sul podio e Josè Luis Basso, Maestro del Coro.
«Soprattutto in  Italia, ma non solo, si  ritiene “attuale” una produzione che abbia costumi e scene attualizzate  – precisa Guth –  ma non è così per me e ritengo che moderna sia una regia, una lettura che sappia interpretare un libretto e la sua partitura con occhio contemporaneo e che sappia parlare ad un pubblico di oggi».
C’è grande attesa tra i melomani per un’inaugurazione coraggiosa, con un’opera complessa e molto articolata e, soprattutto, che impone un cast di grande livello, come quello sul palco del Massimo napoletano che annovera Matthew Polenzani   nel ruolo del titolo, il soprano Ailyn Perez a dare voce a Elisabetta di Valois, Michele Pertusi nel ruolo di Filippo II, il baritono Ludovic Tézier a dare vita a Rodrigo e, per restare nei soli personaggi principali, il mezzosoprano  Elina Garanca nel ruolo della Principessa Eboli.
Nella nuova produzione del Teatro di San Carlo le scene sono di Etienne Pluss, i costumi di Petra Reinhardt sotto le luci di Olaf Freese e con i video di Roland Horvath in una drammaturgia curata da Yvonne Gebauer.
«Si tratta di una vera scommessa mettere in scena «Don Carlo» nella versione in 5 atti e in italiano – afferma il sovrintendente Stephane Lissner – è l’edizione preferita da Claudio Abbado, tant’è che nel 2017, con la regia di  Ronconi,  è stata proposta alla Scala proprio come omaggio all’indimenticato grande direttore».
E se tutti gli interpreti manifestano emozione e orgoglio di essere parte di questa produzione, dal baritono Ludovic Tézier giungono frasi di grande impegno: «Non per fare eco alle parole del regista, ma per offrire un altro spunto di riflessione, mi piace dire che molto spesso si tenta di portare la modernità in opere ambientate in epoche passate; riflettiamo che invece oggi l’attualità, con i suoi orrori delle guerre e delle intolleranze, propone scenari da epoche di barbarie, e non si tratta di finzioni teatrali».
Il regista ama parlare di “Sistema” e di come contro di esso si frantumino le speranze dei personaggi:
«Ho molto studiato la storia reale e naturalmente le trasposizioni letterarie e i libretti, e ho concluso che concentrando l’attenzione sul personaggio di Don Carlo, che è un giovane molto provato dalle disgrazie della vita, orfano di madre e che ha conosciuto il padre Filippo II solo a sei anni, si comprende come egli sia vittima di un sistema di potere, non solo della Chiesa, ma della finanza, della politica. La mia è una lettura laica incentrata su un protagonista troppo fragile per opporsi al sistema e che vive più nella fantasia che nella realtà, alla quale invano Rodrigo cerca di condurlo. – continua il regista – ma alla fine tutti i personaggi, in  vortici di paure,  piombano in una solitudine disperata».
Al suo debutto nel ruolo in italiano è il tenore Mattew Polenzani che sottolinea alcune differenze tra le edizioni in lingua diversa: «Sono entusiasta di debuttare nel ruolo nella meravigliosa lingua di Verdi, ma sento che in italiano il personaggio acquisti una forza maggiore, una consapevolezza superiore anche nell’ inseguire il suo amore impossibile».
Non è una novità che la versione in cinque atti sia quella più apprezzata dai melomani, ma il regista è addirittura categorico: «Non avrebbe senso tagliare il primo atto perché non si comprenderebbe la delusione di Don Carlo per un amore che gli viene interdetto dalla ragion di Stato, ma che lo spettatore non ha visto sbocciare e alimentarsi – commenta Guth  rivelandoci anche particolari che incuriosiscono – ho introdotto un personaggio muto, un «difforme» nella statura, avrebbe detto Verdi,  che accompagna il procedere della trama e che rappresenta l’opposizione al sistema, una sorta di spiritello anarchico che di tanto in tanto mima il contrario di quanto le logiche del potere mostrano sulle scene che, come lo stesso piccolo mimo, sono state ispirate da dipinti di Velasquez anche pensati nelle chiese, nei palazzi, nelle vie di Napoli, città che inevitabilmente ispira l’immaginario di un artista che si accinga a mettere in scena un’opera in un tempio come il Teatro San Carlo».

Dario Ascoli
Dal Corriere del Mezzogiorno del 20.11.22

 

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