Fausto Russo reinterpreta «L’arte della commedia» di un attore/scrittore

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«L’Arte della commedia» prende nuova vita al Teatro San Ferdinando nell’originale adattamento di Fausto Russo Alesi che ne è anche regista.
L’opera meta-teatrale di Eduardo assume così un valore particolare nell’attuale contesto culturale ed è emblematica del rapporto, quasi sempre critico, tra teatro e istituzioni.
«La commedia – dice il regista e protagonista Fausto Russo – è un gioco serio e sarcastico ed è, nello stesso tempo, un atto poetico e politico per il teatro; un atto d’amore raccontato attraverso il disagio della precarietà e il bisogno di lenire e sanare una ferita profonda».
IL copione, che è del 1964, ha per protagonista il capocomico Oreste Campese, della cosiddetta “guittalemme” (neolocuzione inventata dallo stesso Eduardo), ed è l’autentico alter ego di Eduardo che, per tutta la sua vita, ebbe un confronto costante con le istituzioni in un rapporto “donchisciottesco” al quale, però, mai rinunciò nello sforzo di dare al teatro il ruolo che merita.
Nel primo tempo Campese e il neoprefetto discutono della “crisi del teatro”.
La tesi del funzionario è che il teatro non funziona perché non ci sono più autori e che gli attori rincorrono testi troppo arzigogolati e, pertanto, inadeguati a soddisfare la richiesta di un pubblico che invoca un sano svago.
Campese tenta di evitare lo scontro ma, alla fine, non può fare a meno di esprimere il suo pensiero: dopo la guerra, lo Stato, pur riconoscendo il Teatro nel suo ordinamento, lo ha escluso dal processo di ricostruzione materiale.

E qui è chiaro il riferimento alla delusione di Eduardo nell’assistere all’impossibilità di vedere rinascere il suo “San Ferdinando” dalle macerie in cui versava dopo i pesanti bombardamenti.
Il capocomico ha una richiesta da fare: vorrebbe il prefetto in un palco a teatro perché desse lustro e richiamo alla sua ultima recita. Spazientito dall’inammissibile richiesta, sua Eccellenza caccia malamente l’attore. Questi se ne va ma insinua un dubbio che ha la forza di una minaccia: e se mandasse in Prefettura i suoi attori a recitare la parte di tutti gli sconosciuti (maestra, medico, parroco e farmacista) che il neoprefetto deve ricevere nelle prossime ore?.
Il rischio di uno sviluppo pirandelliano è in agguato ma Eduardo ne prende subito le distanze alla fine del primo atto: «No, Eccellenza, Pirandello non c’entra niente. Noi non abbiamo trattato il problema dell’essere e del parere. Se mi deciderò a mandare i miei attori, lo farò allo scopo di stabilire se il teatro svolge una funzione utile al proprio paese o no. Non saranno personaggi in cerca d’autore, ma attori in cerca d’autorità…».
Le soluzioni registiche di Fausto Russo imprimono alla scrittura eduardiana un ritmo moderno in grado di vivacizzare e rendere il lavoro, a tratti, anche comico.
E lo fa con l’aggiunta di un personaggio “didascalico” (non presente nel testo originale) che anticipa alcune scene leggendo, appunto, le didascalie e intervenendo con piccole gag che alleggeriscono la drammaturgia del testo.

La messinscena, che deve molto alla brillante scenografia di Marco Rossi, si avvale di brillanti attori come l’ottimo Alex Cendron (il Prefetto) in grado di ben tenere la scena nel confronto con un personaggio aspro e tenero allo stesso tempo; Paolo Zuccari (il segretario); la bravissima Imma Villa (la maestra); Filippo Luna che rende magnificamente la “tragedia” del medico del paese costretto a combattere la ristretta mentalità dei suoi pazienti, pronti a invocare il miracolo ma poco inclini a riconoscere la sua bravura inficiata da un incidente professionale che ne ha minato la carriera.
Insomma, Fausto Russo attualizza la commedia e la trasforma attraverso una sperimentazione che rappresenta un riferimento per chi, in futuro, vorrà confrontarsi con il teatro eduardiano. Un esempio di modernizzazione ricco di spunti di riflessione e che, nelle intenzioni del regista, richiama la volontà del maestro nel porre mano a un lavoro che è “stato scritto non solamente per la gente di teatro; ma per tutti noi giacché i problemi di cui tratta riguardano la nostra vita e quella dei nostri figli”.
Non a caso, il lavoro si apre con la voce di Eduardo in “Uomo e galantuomo” laddove un altro strapelato capocomico è impegnato a dirigere un vecchio dramma. All’improvvisato e maldestro suggeritore arriva il rimbrotto del maestro “Allora devi dire, signori comincia la prova!”
Il lavoro resterà in scena al teatro “San Ferdinando” fino al 26 febbraio prossimo.

Foto Anna Camerlingo

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