Lalla Esposito canta il teatro da Viviani a Brecht

0

«Se mi rapissero gli alieni non vorrei più essere riportata sulla Terra».
È
Lalla Esposito a parlare di sé, del suo essere artista a tutto tondo in un perfetto equilibrio di cantante e attrice. La sua estrema duttilità artistica la rende capace di intense performance teatrali e, nel contempo, una innata passionalità esalta, invece, le sue doti vocali in grado di coinvolgere e emozionare.
Da Roberto De Simone a Luca De Filippo; da Maurizio Scaparro a Peppino Patroni Griffi, Lalla attraversa la storia del teatro italiano; quel teatro che a Napoli trova le sue radici più profonde con una forte cifra interpretativa che la porta a fondere canto e teatralità.
La sua crescita artistica la fa approdare allo storico “Masaniello” di Armando Pugliese, nel quale interpreta la moglie del rivoluzionario pescatore di Amalfi che le dà la possibilità di essere conosciuta al grande pubblico. Rimane indimenticabile la scena finale in cui Lalla riusciva a commuovere letteralmente il pubblico nel suo straziante compianto su Masaniello in una prova attoriale di grande segno artistico.
Il suo ultimo progetto artistico la vede impegnata ne “La canzone teatrale”, un concerto per voce e quartetto d’archi con gli Ondanueve String Quartet in uno spettacolo scritto e diretto da Paolo Coletta che la vedrà calcare le tavole del Teatro Trianon Viviani il 5 maggio alle ore 21.00.
A Lalla Esposito abbiamo chiesto come è nato questo progetto.
«Nasce da un incontro con Paolo Coletta – risponde – Insieme abbiamo sempre immaginato la musica nel contesto teatrale. La musica che diventa un’estensione della scrittura in un contesto dove i monologhi sono pensati in musica».
Quindi, stai parlando della parola cantata?
«Sì, la parola, a volte, nel testo teatrale ha bisogno di qualcosa che le dia più vita. In questo senso, ho sempre pensato a un binomio inscindibile: musica e teatro, due elementi in profonda sinergia».
Come vedi il teatro nell’attuale contesto socio-culturale?
«Vedi, mentre il cinema non si vede più al cinema, il teatro rimane l’unica forma artistica che si alimenta solo con la presenza fisica dell’artista. Una sorta di appuntamento al buio tra pubblico e artista che rende magica e umana questa realtà. Nel contesto partenopeo, va detto però che lo scenario vede i grandi teatri aiutati dalle istituzioni mentre i piccoli spazi, privi di sostegno, sono appannaggio di un teatro umoristico che va verso il cabaret con un conseguente imbastardimento della forma teatrale in senso classico»
Il teatro di tradizione a Napoli, si identica in qualche modo con Eduardo. Qual è la tua visione del della scena teatrale post eduardiana?
«In qualche modo, il dopo Eduardo ha espresso personalità di grande spessore come Roberto de Simone che si è sempre mosso tra teatro e musica, e poi la nuova drammaturgia rappresentata da Annibale Ruccello, Enzo Moscato e Manlio Santanelli. Non so cosa è mancato in questo contesto in cui un cambiamento pure c’è stato nel senso che il talento è stato in qualche modo depotenziato.
Oggi, infatti mettere in scena lavori di questi autori è molto faticoso atteso che il pubblico sembra indirizzarsi verso artisti di notorietà televisiva. Di talenti ce ne sono ma la loro espressione diventa quasi di nicchia e questo non va bene perché il teatro è di tutti».
Tornado allo spettacolo di venerdì 5 maggio, va detto che si tratta di una prima assoluta che le consentirà di spaziare in un repertorio di alcune iconiche attrici/cantanti del ‘900: da Milly a Marina Pagano; da Milva a Gabriella Ferri. Il tutto sotto la direzione artistica dell’autore e musicista Paolo Coletta.
A spiegare la struttura dello spettacolo è lo stesso Coletta che ne parla con grande passione. «Un’aria d’opera, un recitativo, una romanza, un song brechtiano, un canto di Viviani o una canzone di Broadway – spiega Coletta – sono accomunati dal fatto di essere scritti per essere eseguiti all’interno di una determinata azione drammaturgica, che sia un melodramma, un musical, un’operetta, una commedia musicale. Ma “teatrale” può diventare anche una composizione fatta di parole e musica nient’affatto pensata per la scena: succede quando chi la interpreta decide di trasformare l’emozione di quel pezzo in azione. Azione scenica, appunto».
L’autore precisa: «Viceversa, può verificarsi il percorso inverso: e cioè che una canzone scritta originariamente per uno spettacolo teatrale diventi uno standard jazz o semplicemente migri verso l’infinito repertorio della musica popolare».
Interpretazione  libera da schemi e rigori formali, secondo Coletta:
«Sì, la canzone teatrale non è una forma, né tanto meno un genere. La teatralità probabilmente rappresenta una modalità, un’attitudine, uno sguardo. Innanzitutto dell’interprete, che, nel momento in cui decide di affrontarne l’esecuzione, si assume di fatto la responsabilità e la disponibilità a riscrivere quel pezzo».
Ci ttaende una pièce, dunque, dal ritmo incalzante resa con un linguaggio che sa di antico e moderno allo stesso tempo. Uno spettacolo d’attore, come si diceva un tempo, sostenuto e arricchito dalle musiche dal vivo, per coniugare l’applauso del pubblico e l’esultanza della critica, la risata e la commozione, la leggerezza e la cultura, la raffinatezza e la volgarità.
I biglietti sono acquistabili presso il botteghino del teatro, le prevendite autorizzate e online sul circuito AzzurroService.net. Il botteghino è aperto dal lunedì al sabato, dalle 10 alle 13:30 e dalle 16 alle 19; la domenica, dalle 10 alle 13:30. Telefono 081 0128663.
franco milone

Stampa
Share.

About Author

Comments are closed.