Francesco D’Orazio e l’Astrée: il barocco come laboratorio del contemporaneo

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Un ponte sospeso tra passato e futuro sul palco del Teatro Argentina giovedi  15 maggio, all’interno della stagione dell’Accademia Filarmonica Romana, il violinista Francesco D’Orazio e l’Ensemble Astrée hanno presentato un concerto di rara intensità, in un arco programmatico che ha attraversato ben tre secoli di musica, culminando nella prima mondiale di “UTA” per violino solo di Toshio Hosakawa.
Il programma coraggioso e raffinato intreccio, tra passato e presente, in linea con la mission dell’Accademia Filarmonica Romana di coniugare tradizione e innovazione, ha saputo tessere un dialogo tra il barocco italiano e la sperimentazione moderna.
Dalle sonate di Arcangelo Corelli la “Sonata in re minore op.5 n.12 “la Follia” per violino e basso continuo, di Georg Friedrich Handel la Sonata in si minore Op.2 n.1 per due violini e continuo e la Sonata in sol minore Op.2 n.5 per due violini e basso continuo, di Antonio Vivaldi la Sonata a tre in re minore “la Follia” op.1 n.12 RV 63 per due violini e basso continuo affidato all’ensemble Astrée formazione torinese, fondata da Giorgio Tabacco che rappresenta una delle realtà italiane più solide nel panorama della “prassi esecutiva” storicamente informata. I tempi agili, l’articolazione nitida e la fluidità del continuo, guidato da Tabacco stesso al cembalo con l’ottima viola da gamba di Daniele Bovo, hanno conferito freschezza al repertorio.
L’intesa tra i due violini, Francesco D’Orazio e Paola Nervi ha permesso un equilibrio timbrico accurato, con una particolare cura nei movimenti lenti, dove il fraseggio si distende in un dialogo sottile tra densità armonica e trasparenza.
Protagonista assoluto della serata è Francesco D’Orazio, che ha confermato il suo status d’interprete d’eccezione, raffinato nel fraseggio, impeccabile nel controllo tecnico, audace nelle scelte interpretative.  La sua interpretazione dei concerti barocchi si distingue per un vibrato controllato, una gestione delle arcate che privilegia la cantabilità della linea e una ricercata varietà nella dinamica interna delle frasi. La sua capacità di passare con disinvoltura dal linguaggio barocco a quello contemporaneo testimonia una visione musicale ampia e profonda. Incantevole la Sequenza VIII per violino solo di Luciano Berio, ma è con la prima esecuzione di “UTA” di Toshio Hosokawa commissionata dalla Filarmonica Romana e a lui dedicata, che D’Orazio ha confermato la sua vocazione contemporanea.
Il brano costruito attorno a un’idea di “vuoto-attivo”, si articola in micro-cellule gestuali che evocano silenzi carichi di tensione. Un brano rarefatto, quasi sospeso, in cui il suono si fa respiro e preghiera. D’Orazio ne ha restituito ogni sfumatura con intensità, trasportanto il pubblico in una dimensione intima e contemplativa. Non mero virtuosismo, ma interiorizzazione del gesto sonoro.
In un panorama concertistico spesso frammentario, l’operazione presentata dall’Accademia Filarmonica Romana appare esemplare per coerenza estetica e qualità esecutiva.
L’idea di far dialogare repertori così distanti, trova una realizzazione progettuale: la “musica barocca come matrice di forma e tensione”, il contemporaneo come spazio di reinvenzione timbrica e poetica.
Il pubblico numeroso e attento, ha risposto con applausi calorosi e convinti, due i bis concessi, di Corelli la Ciccona dodicesima Op. 2 e una giga sempre da Op.2 n.6.
Un concerto, diremmo “un dialogo tra epoche” che ha dimostrato come la musica possa abbattere le barriere del tempo e parlare al presente.

Gabriella Spagnuolo

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