Verdi e i librettisti…

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L’Opera tradizionalmente è sempre stata piena di soggetti che spostavano lontano nel tempo l’accadimento narrato. Da Orfeo in avanti “la storia lontata, noi cantiam anziché parlar…”e in questo modo si faceva il teatro musicale, ma quando Verdi mise in musica La Traviata tutto cambiò.
Traviata è un testo contemporaneo che ci dà una fotografia del momento, la censura lo obbliga a trasportare l’ambientazione nel 1700, infatti la prima rappresentazione di Traviata fu con costumi settecenteschi, anche se successivamente l’opera cambiò il suo corso.
Violetta e Rigoletto sono due personaggi non tanto diversi tra loro, di entrambi Verdi pensa che sono entrambi dei soggetti bellissimi, Rigoletto è deforme all’esterno ma appassionato e pieno d’amore, ed anche Violetta è deforme per la società ma dentro è passionale e piena d’amore, non vi è differenza alcuna, in questa trilogia Verdi ha scelto la strada dell’attualizzazione.
Un aspetto affascinante in Traviata è il canto che viene piegato alle esigenze teatrali, come mai era stato fatto, così come la richiesta al cantante di essere “attrice” passando da eccessi d’entusiasmo di passioni, fino a ritrovarsi moribonda in un ventaglio d’espressività, che nel canto venivano espressi tramite registri diversi e con modi differenti ma pur sempre calzanti con la passione e il dramma rappresentato.
Sicuramente questo percorso non è stato facile, per esempio in Traviata Verdi indica nei tre atti, le tre differenti stagioni e di conseguenza i diversi passaggi dell’anima.
Ai librettisti richiedeva “sintesi, parole non banali, rapidità, sublimità, poche ciancie…”cioè dire il più possibile in poche parole e con ritmo rapido, scrivendo “solo” quello che serve al dramma.
Verdi interveniva molto sul lavoro del librettista, spesso suggeriva cosa togliere e cosa tenere, correggendo il libretto anche personalmente.
Sicuramente con Cammarano era più tranquillo, in quanto aveva più esperienza, invece con Piave si prendeva molta libertà. Per esempio nel Ballo in Maschera vi è un inciso teatrale che si ripeteva “hai finito, hai finito?” questa era la cosiddetta “parola scenica” cioè quelle parole che scolpiscono immediatamente la situazione. Questa capacità di far teatro, di rendere via la parola, di utilizzare la musica in modo che l’azione proceda sempre in modo rettilinio piaceva molto al pubblico.
Verdi comincia a viaggiare con la sua musica, e così avviene l’incontro con la tradizione e la musica francese, un mondo in cui il teatro d’opera è ancora l’illustrazione sonora piacevole di una vicenda, una narrazione.
Verdi rimase folgorato dal Grand- Opera, lo aveva visto probabilmente a Firenze negli allestimenti di Mayerbee,r  il teatro francese è un teatro elegante in confronto al teatro di Verdi , tanto da poterlo paragonare ad un elefante che si muove lentissimamente, in quanto solitamente  è una macchina a cinque atti con il balletto (che non piaceva a Verdi in quanto spezzava il flusso drammatico).
Il teatro francese comunque aveva delle caratteristiche che lo affascinavano in maniera irresistibile, come la componente della spettacolarizzazione,  del soprannaturale  e la componente del fantastico. Il sublime, il soprannaturale contrasta con la misera natura terrena, e il mistero è un qualcosa di più grande ancora.  Ciò rappresenta uno dei meccanismi più vivaci del teatro verdiano.
Les Vepres Siciliennes fu la prima opera scritta nello stile delle opere francese, troviamo un balletto delle quattro stagioni, in Macbeth inventa un balletto di spiritelli, cioè Verdi cerca di dare sempre una plausibilità drammaturgica alla danza.
Quindi anche in questo caso Verdi accetta la tradizione operistica francese, ma la cambia, la corregge secondo il suo stile, medesima cosa ritroviamo nel Don Carlo e in Aida, che di fatto sono entrambe Grand -Opera. In Aida Verdi cerca di fondere la tradizione italiana con il Grand-opera francese lento e pieno di balletti. Ricordiamo che all’inizio Verdi non voleva scrivere Aida, desiderava un periodo di riflessione dopo il Don Carlo, ed invece gli proposero di musicare una cantata per l’inaugurazione del Canale di Suez, dapprima rifiutò ma quando capì che stavano affidando il soggetto di Aida a Wagner cambiò idea.
Superata la paura del dover prendere la nave per andare al Cairo, capì che era per lui un’occasione d’oro, in quanto avrebbe potuto scrivere una Grand-Opera al di fuori della Francia quindi senza obblighi e senza sottostare alle regole parigine.
Quì Verdi  recupera la tradizione musicale italiana, i numeri chiusi, il modo di trattare la vocalità e li unisce alla spettacolarità del Grand- Opera francese, col suo ritmo incalzante e il contrasto tra la passione privata (vedi Radames e Aida) e l’interesse pubblico, inserendo i balletti degli schiavi egizi, quello che divide i due amanti costruisce il “teatro delle passioni”.
Uno scontro privatissimo di passioni e di sentimenti, un vero e proprio contrasto, anche nel Don Carlo che parte come un Grand-Opera con cinque atti più balletto, successivamente accorciata in quattro atti senza balletti.

Gabriella Spagnuolo

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