Storie dal Decamerone. Il potere

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Sabato 8 giugno 2019: la dodicesima edizione del Napoli Teatro Festival, sezione Italia si apre con uno spettacolo accattivante facente parte di un progetto di rivisitazione di un classico della letteratura, ancora in grado di offrire spunti, riflessioni (e stando a quanto sostiene il drammaturgo Michele Santeramo), potenziale cura e rimedio con le sue storie, ai nostri affanni interiori, ai nostri bubboni pestiferi, uno specchio in cui guardarci, per provare a guarire dalla nostra malattia. Articolato in quattro capitoli Storie dal Decamerone è un’opera drammaturgica composta da Un Amore, Una Guerra, Il Potere, Il Caso e L’Invenzione, i primi tre interpretati da un attore diverso e l’ultimo che li vede riuniti.
Riscrivere un classico significa cercare dentro quei racconti un collegamento vivo, come deve essere il teatro, con il presente, cercare di capire quanto quelle pagine abbiano ancora da raccontare e insegnare. Il teatro ha il compito di vivificare le storie, sempre, e anche in questo caso l’obiettivo è avvicinare quelle pagine al presente degli spettatori”.
Il potere che è andato in scena al Teatro Sannazaro, è affidato a Claudio Santamaria, accompagnato dalle musiche originali eseguite al violoncello da Francesco Mariozzi. Il protagonista del testo è un uomo d’affari che esercita il massimo del potere, colui che, solitario, decide per tutti e su tutti, colui che con una firma sigla e decide destini di vita o di morte. In un mondo in cui ognuno cerca il suo regno dove essere sovrano, egli consapevole del proprio ruolo che lo obbliga a scelte crudeli fatte in nome della collettività sacrificando le individualità, sembra anestetizzato, estraneo alla realtà “normale”, incapace di empatia, atrofizzato nei sentimenti. Incarnazione del successo, maniacale nel suo “regnare”, ad un certo punto, di fronte ad un viso “pulito e bello” (l’etica e l’estetica da sempre in lotta con chi rincorre il potere che celebra l’inerzia dello spirito e dell’anima?) di una ragazza incrociata per caso, qualcosa in lui vacilla, la coscienza si interroga, il dubbio si fa tormento e scardina ordini costituiti, famiglia, lavoro, status sociale. L’anima si fa strada e cerca un approdo, un appiglio e come accade nel capolavoro di Boccaccio, l’uomo, lasciato moglie e figlie, si ritrova in un luogo tranquillo, assieme ad altri, che come lui, si sono rifugiati per individuare i propri disagi, appestati da un malessere interiore che non trova apparentemente spiegazioni valide e che si intrattengono raccontandosi storie. La parole terapeutica e catartica, la storia che cura, che restituisce il senso perduto del vivere nel suo caso sarà la novella della seconda giornata del Decamerone, dedicata alle avventure a lieto fine, titolata Rinaldo d’Asti, rubato, capita a Castel Guiglielmo ed è albergato da una donna vedova e, de’ suoi danni ristorato, sano e salvo si torna a casa sua. Ma altri dubbi, altri pensieri, altre insoddisfazioni, altri timori diventeranno tarlo nella mente del protagonista, rientrato nella sua routine casa e lavoro…
Claudio Santamaria ha affrontato il testo, apparentemente scorrevole ma che affonda anche nella complessità psicanalitica (come non pensare allo statunitense James Hillman autore guarda caso di saggi quali Il Potere e Le storie che curano?), con notevole pathos, forte della sua sapienza attoriale, mescolando vari registri per descrivere angoscia, sensi di colpa, presa di coscienza, smarrimento, con la complicità discreta ma necessaria della “voce” violoncellistica.
Teatro stracolmo, pubblico entusiasta, si replica domenica 9 giugno al Sannazaro.

Dadadago

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