Strani Incroci tra la bacchetta di Wayne Marshall, la musica russa e la fisarmonica di Richard Galliano

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Un celebre direttore d’orchestra inglese dirige un’opera russa dopo aver accompagnato un grandissimo fisarmonicista argentino in un mirabolante concerto. Ovviamente non si tratta di una barzelletta. Anzi, non ci sarebbe nulla da ridere ripensando a quanto sia anacronistico – oggi – questo incrocio di esperienze culturali. Come se in questo inizio di primavera fossero andati in tilt tutti i semafori che regolano il traffico, così da rendere ogni attraversamento culturale troppo rischioso. Meglio restare ognuno sul proprio lato.
Fortunatamente a Bologna lo scorso 30 Settembre o qualche semaforo ha ripreso a funzionare, o qualche coraggioso ha deciso di avventurarsi lo stesso in un attraversamento pericoloso. Quel che è andato in scena presso l’Auditorium Manzoni travalica il mero messaggio musicale. Il Direttore in questione è Wayne Marshall, al Bandoneon/Fisarmonica Richard Galliano.
Ma partiamo dalla coda. Non ce ne voglia il celebre solista, ma quella Sinfonia n.2 in Si minore di Aleksandr Porfir’evič Borodin (un cavallo di battaglia del direttore d’oltremanica), al giorno d’oggi è una partitura da suonare con il CID in mano e le cinture ben allacciate.
La sinfonia è contemporanea alla scrittura del Principe Igor, la cui vicenda potrebbe oggi essere riletta e manipolata a favore dell’una o dell’altra fazione. Dal principe, non solo ne mutua il tema marziale ed il forte carattere nazionalistico, ma chiude con un’apoteosi epica nell’allegro finale. Non a caso – infatti – questa seconda è anche chiamata l’Eroica, tanto è pregna di patriottico lirismo. Il panorama espressivo sublima il folklore e celebra i caratteri nazionali con un tono sempre piuttosto altisonante. Sebbene non ci siano note o titoli che rimandino ad un evento, derubricando la Sinfonia ad opera tematica, il messaggio che trascende la musica è massiccio. Ma erano altri tempi storici e – a volerli rileggere con la lente ideologica del presente – si commette errore prima intellettuale che ottico. Bravo Marshall a non essersi piegato a questa silente e ostracista rilettura negativa – quasi una censura – che da più parti si sta mettendo in atto verso la cultura russa. Se in altre epoche avessimo dato ascolto a tutti i controriformisti, alfieri del “pensiero giusto”, avremmo incenerito perfino Wagner.

Musicalmente, questa poco nota sinfonia è maestosa sin dall’Allegro moderato iniziale, fosco e sinistro. Nel periodo di composizione dell’opera (tra il 1869 ed il 1971), la produzione sinfonica non stava di certo attraversando uno dei suoi momenti più felici. Schiacciata da un lato dall’opera che garantiva un enorme successo di pubblico e dall’altro dai grandi concerti orchestrali che permettevano ai virtuosi romantici di trovare consenso, era un genere in cerca di nuove strade espressive. A differenza delle grandi opere tedesche dell’epoca precedente, dove la geometria musicale concorre a generare un climax emozionale, qui sono i contrasti di colori e di tempi a rendere forte il messaggio. L’orchestrazione, poco canonica, sembra pesantemente sbilanciata dalla parte degli ottoni, sicuramente in antitesi con le regole auree del tempo. Ne sia un esempio il bellissimo staccato dei corni nello Scherzo o le linee liriche dell’Andante che scatenano – poi – un Allegro Finale.
E qui va un plauso al direttore. Lo abbiamo detto più volte, l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna è formazione solida che – talvolta – scivola negli ottoni per intonazione e pulizia di attacco. Questa volta, ma è già più di un anno che lo notiamo, non solo sono stati a dir poco perfetti, ma hanno trascinato l’ensemble ad una piena riuscita musicale. avendo davanti. Quando il gioco si fa duro….Bravi!
Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo al principio. Ammetto di avere da molti anni un’estrema ammirazione per Richard Galliano, ascoltato più e più volte in contesti jazz. Vederlo alle prese con un’orchestra sinfonica era motivo di curiosità. Due sono le partiture in programma. Opale Concerto e Madreperla, lavori che si portano 25 anni l’una dall’altra. E si sentono tutti. Se in Opale l’orchestrazione è piuttosto povera, quasi un mero tappeto funzionale al virtuosismo della Fisarmonica, In Madreperla la scrittura è più ricca e vivace. La fisarmonica si alterna al Bandoneon ed il settantaduenne fisarmonicista di Cannes sciorina tutto il suo bagaglio tecnico. Impressionante.
Che dire. Ogni volta ascoltare Galliano è un’esperienza. Sarà il suono delicato, l’espressività così fisica dovuta al mantice o quel retaggio popolare che richiama ad un mondo impresso color seppia sulla carta fotosensibile, ma si è sempre trasportati altrove nello spazio e nel tempo.
Non è cosa comune. La grandezza del musicista non si discute ma si preferisce in altri contesti.
Non ci si fraintenda, il lignaggio c’è tutto per far da mattatore con un’orchestra sinfonica, ma alla fine il tutto sembra solo un esercizio di stile o un momento di autocelebrazione che non va scambiato per ego ipertrofico.
Per tutto quel che il francese ha fatto per lo strumento e la musica, questo tributo gli è ampiamente dovuto. In fondo anche Chopin non ci abbia regalato le sue pagine più straordinarie con i due concerti orchestrali. Se potete, ascoltatelo in contesti più ristretti, riscoprirete un musicista capace non solo di impressionarvi ma anche di emozionare.
Alla fine abbiamo attraversato l’incrocio senza sbattere. Se solo fosse possibile altrove e non solo in musica.

Ciro Scannapieco

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